Prima di andare in ospedale ha lasciato dei biglietti sulla scrivania. Per ognuno dei componenti della famiglia. Biglietti nei quali ha raccontato la sua vita secondo lei. Sentiva che non sarebbe tornata e ha voluto salutare. Non so nulla del contenuto specifico di quei biglietti, ma mi sono bastate le parole di Gigi. “Ha scritto che ha vissuto per mio padre, che lui è stata la ragione della sua vita e che è contenta di aver vissuto così.” E mi basta quello che ne ha concluso lui. E cioè che quelle parole hanno cambiato il senso di quello che è successo, l’hanno reso quasi una festa. La mamma di Gigi, che è il musicista di tutti i miei lavori, è morta consapevole, grata, contenta di come ha vissuto. E ha voluto dirlo.
Queste parole lasciate sulla scrivania, trovate dopo che se n’era andata, mi hanno fatto pensare moltissimo. Non per il contenuto ovviamente, dato che non le ho lette, ma per il fatto che siano state scritte. Perché mi confermano qualcosa che sto cercando in questo periodo: il nesso tra il nostro raccontare e la consapevolezza che abbiamo di noi.
Una persona che ripercorre la propria memoria compie un processo di identificazione, costruisce la consapevolezza della propria identità, la rende possibile. Non c’è alcun fatto particolare da rivelare, e non credo ci siano rivelazioni eccezionali in quei biglietti. Ma c’è tutto uno sguardo, e lo sguardo – in queste occasioni diventa chiarissimo – assegna valore alle cose, le mette in fila per un verso o per il suo contrario.
La cosa meravigliosa è che aiutando noi stessi a comprenderci, parlando a noi stessi di noi, aiutiamo anche gli altri a capire. Forse vivere è fondamentalmente rivivere, se un evento si compie autenticamente solo quando ne diventiamo consapevoli. C’è tutto l’arco di trasformazione del personaggio in questo percorso verso la chiarezza, tutti i tragitti degli eroi che attraversano i mari verso le loro Penelopi , per diventare alla fine eroi di se stessi, vincitori delle proprie paure, conquistatori di libertà interiori prima che liberatori di popoli.
Quando le cose ci diventano chiare accadono miracoli. Non succede spesso. Nelle lacrime consuete in queste situazioni, Gigi aveva un sorriso per tutti. Ha stretto mani, abbracciato, fatto le smorfie che gli conosco da una vita quando intende dire andiamo avanti, o siamo sempre noi, siamo sempre qui. Gli si vedeva addosso la scia di una vita nitida, e perfettamente trasmessa.
Ci siamo detti che ci ha lasciato una lezione, Giovanna. Fare. Quando diciamo fare, con Gigi non abbiamo bisogno di specificare il cosa. Non abbiamo mai parlato d’altro. Giovanna è stata una donna che ha fatto tantissimo, concreta e dinamica fino in fondo, come l’hanno definita i suoi amici. E lo ha reso chiaro e scolpito decidendo di raccontarlo per iscritto. Ciò che era davvero dietro a tutto quello che faceva. Ogni identità è un’eredità, forse. E visto che oggi è il compleanno di Gigi, mi viene da dire che ogni eredità è un futuro che comincia.
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