Dieci anni passano in un lampo. In rete si trovano fotografie, articoli e documenti anche molto più antichi. Dieci anni sono quelli che un bambino ha quando frequenta la quarta o la quinta elementare. Dieci anni sono quelli che ci vogliono perché Balotelli ne compia 32. Un’età in cui in media si smette di giocare. Carriera finita e figlio alle soglie delle scuole medie.

In questo periodo di europei di calcio mi hanno colpito diverse cose. La prima è stata la polemica perché si giocava a pallone in una terra nella quale sono successe cose orribili e in un’altra nella quale le cose orribili vengono fatte anche oggi agli animali. Due cose orrende che umiliano l’uomo e l’umanità. Confesso che non sono riuscito a capire le polemiche: mi sembra che il male vada combattuto sempre ogni volta che si può – quando capita di riconoscerlo – ma se in ogni luogo della terra nel quale sono accadute tragedie si bandisce la possibilità che il mondo giochi, il pianeta intero si trasforma in un luogo di lutto. E così vincono la morte e la paura. Non sempre giocare significa aver dimenticato. A volte significa superare.

Dall’altra parte trovo che non sarebbe costato proprio nulla ai calciatori compiere qualche gesto forte, visivo, intenso, per difendere almeno gli animali che si possono ancora difendere.  Alcune cose sono state belle: bello sentire Cesare Prandelli dire ai giornalisti di moderare i toni, dire che si stava parlando solo di una partita di pallone. Bello vedere Casillas chiedere all’arbitro di fischiare la fine per rispetto dell’avversario e dell’Italia. Bello vedere l’istinto puro di Balotelli liberarsi nella sua forma migliore e bruciare con un lampo d’intuito la granitica organizzazione tedesca.

Meno belle tante altre cose. Meno bello è stato vedere i giornalisti rivolgersi a Monti quando l’Italia era in finale chiedendogli se adesso ci avrebbe ripensato alla sua richiesta di fermare il calcio per due o tre anni a causa delle scommesse clandestine. Ma che domanda è. Che paese è. Che giornalismo è. Esiste in Europa una retrovia culturale messa peggio della nostra? La boutade di fermare il calcio è stata un’uscita infelicissima perché è un’insensatezza da ricchi. Il calcio non fa lavorare i campioni e basta. Ci sono migliaia di persone che vivono con stipendi di base. Che puliscono, telefonano, controllano, portano la posta, spengono le luci e chiudono gli impianti. Bisogna proprio vivere molto in alto per non capire l’assurdità della proposta. Ma i meriti sportivi della Nazionale che cosa c’entrano con il problema di malcostume che ci sta divorando?

Meno bello è stato tutto il lavoro della RAI. Dal punto di vista della comunicazione ha dimostrato di non aver recepito la lezione di adrenalina, partecipazione, complicità, preparazione che le emittenti concorrenti hanno dato negli anni. E’ sembrato a tutti di tornare indietro di vent’anni, spocchia inclusa nei commenti. Collovati che si fa beccare fuori onda a dire “La Grecia è una squadra di merda” non è un caso di sfortuna: è un esito preciso di una posizione precisa.

Credo insomma che questi europei più che farci guardare la nostra Nazionale possano farci guardare come li abbiamo guardati.

Ora viviamo questa coda da mercato rionale: Balotelli e il suo presunto figlio. Dieci anni sono pochi e questi dieci cambieranno completamente l’assetto della sua vita. Ci sarà un ragazzino che andrà su internet e vedrà quello che si scrive in questi giorni. Come sempre non mi occupo di morale ma di punti di vista e di significati. Ma so che l’eccessiva lunghezza è letale. Tra qualche giorno voglio fare un altro passo nel DNA del campione.

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  1. Non posso esimermi dal commentare, data la comune passione calcistica. E in effetti questi Europei in RAI anche a me hanno suscitato stessi pensieri, stesse reazioni. Trovo che il servizio offerto dalla Rai in questa occasione (e in altre, ma questa è emblematica perchè ha un confronto nella tv a pagamento molto vicino e molto lampante) sia davvero rappresentativo di come vengono gestite molte realtà, nel nostro paese. Sopratutto quelle che usufruiscono di soldi pubblici, indi non sono pungolate a procacciarsi utenza, clienti, telespettatori in questo caso. Il punto è che un prodotto del genere, vecchio graficamente, sbagliato nelle persone e nei modi, noioso e sopratutto incompetente non attirerebbe nemmeno un nuovo abbonato, se stessimo parlando di tv privata. E questo è ovvio. Come è ovvio che nel nostro paese ora ci sono certamente cose più importanti di Dossena che confonde 10 volte Balzaretti con Abate durante la finale di un torneo. Però è come dire che vado al cinema e l’immagine salta continuamente, vado ad un concerto e l’audio balbetta. Non stai offrendo un servizio con la scusa che sono obbligata a vederti, o temo, più banalmente, che non sai fare o non vuoi fare il lavoro con professionisti scelti per la loro competenza sul tema.

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