Caro Ivano,

molte delle parole che hai scritto in questi anni le ho capite con lentezza, non senza difficoltà. Molte hanno preso senso grazie alla musica che le ha sostenute e che le sostiene. Di solito nella memoria della gente i cantanti accompagnano periodi della vita e finiscono con il servire essenzialmente a questo. Una canzone ci rimanda a un’epoca, ad un amore o ad un viaggio. Sentirla ci riporta al cuore una parte della nostra vita.

Ecco, per me non sei così. Lo sono molti altri autori che in alcuni momenti della mia vita sono stati importanti. Non le tue canzoni, non tu. Se ascolto Una notte in Italia non penso a niente di particolare.  Una notte in Italia mi riporta soltanto a me stesso nel momento in cui la sento. Come moltissime altre canzoni che hai scritto, si fa strada dentro di me e non le rimane appiccicato niente di questo tempo che sto vivendo, così come non ha su di sé nessun residuo del mio passato.

Credo che questo dipenda dalla profonda libertà con la quale hai sempre scritto i tuoi pezzi, perché la libertà di chi canta chiama la libertà in chi ascolta. Perché i tuoi pezzi ci connettono a noi stessi, ogni cosa fuori si allontana e si sfuoca. Sono il ticket per un viaggio verso un altro livello di verità, quella di te che senti te stesso, di te che ti conosci e che ti senti vivo. Per una libertà come questa bisogna avere il coraggio di lasciare certe vie solitamente molto battute. Quella della facilità, per esempio. Quella dell’immediatezza d’ascolto. E poi occorre saper lasciare anche il versante d’autore, quello nel quale molti – comunque meno numerosi dei facili – si rintanano. Non è difficile riconoscerli: sono quelli inutilmente sofisticati perché non sanno essere sottili.

Il fatto che la tua musica dentro di me non si attacchi ad alcun periodo significa anche che ha quel carisma speciale che serve per essere presente. Non è adatta ad essere il sottofondo di niente, né di un amore né di un viaggio né di un dolore. Non la si può ascoltare come tappezzeria. Ci sono esperienze così: quando ascolti Mozart, quando vedi un film di Truffaut, quando leggi un racconto di Carver. Ti fanno entrare in quel momento, diventano presenti lì. Soppiantano il tempo che stai vivendo e ne creano un altro tutto loro. Non c’è distanza, non c’è epoca. Sono lì con il potere del talento. Ecco, le tue canzoni mi rimandano a questo. Non sono la colonna sonora di un periodo della nostra vita: sono un pezzo della nostra vita.

Voglio ringraziarti anche per le tue consonanti. Perché ci hai insegnato che possono suonare in modo meraviglioso, che danno elasticità e forma alle frasi e alla musica. Per i tuoi testi che hanno la saggezza dei vecchi e lo stupore dei bambini. Sì, il tuo lavoro mi ha aiutato come quello di nessun altro cantante.

Grazie infine per la cortesia, l’educazione, la finezza con la quale hai deciso di congedarti. Grazie per la… normalità. Che in questo tempo di eternamente giovani e immortali, di sempre splendidi e di piacioni, è quanto di meno normale ci possa essere. Hai detto che non potresti aggiungere niente a quel che hai già dato. Che sei arrivato alla fine di un percorso. Come hai scritto in una canzone: E dopo centomila ore non c’è un minuto di più. Che scendi dal palco e vai verso la tua vita. Che shock per il nostro mondo così in forma sempre e comunque a qualunque prezzo e a qualunque età!

Dopo tutti questi anni in cui lavori con amore sulle nostre emozioni, adesso ci proponi il silenzio. Il tuo silenzio che verrà. E so che sarà meraviglioso se lo sapremo ascoltare. Intanto, c’è una canzone che su tutte mi viene in mente mentre lasci la scena. Grazie anche per questa. Il battito.

0 risposte

  1. Bellissimo post su un grande uomo e artista.
    Anche io sono rimasto colpito da alcuni suoi testi, sin da ragazzo.
    Amo la “precisione” con la quale riesce a rappresentare sentimenti e sensazioni con parole di senso compiuto. Componenti dell’anima normalmente non traducibili in vocaboli.
    E’ uno di quelli che ti fa pensare: “Ecco, è proprio quello che volevo dire io”.
    Però intanto non l’hai saputo dire.
    Penso sia una caratteristica dei grandi.
    Finisco con un suo passaggio che ho spesso in mente:

    La costruzione di un amore
    spezza le vene delle mani
    mescola il sangue col sudore
    se te ne rimane

    La costruzione di un amore
    non ripaga del dolore
    è come un’altare di sabbia
    in riva al mare

    (……..)

    E tutto ció mi meraviglia
    tanto che se finisse adesso
    lo so io chiederei
    che mi crollasse addosso

    E la fortuna di un amore
    come lo so che può cambiare
    dopo si dice l’ho fatto per fare
    ma era per non morire

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