Un amico mi ha chiesto che cosa intendessi qualche tempo fa, quando asserivo di aver trovato finalmente, con l’aiuto prezioso di Sabrina Gioda, la curvatura del terzo atto del mio film. Provo con altre parole, spero più chiare.
Intendo per curvatura di un atto la relazione esistente tra la quantità degli eventi contenuti in quell’atto, e il tempo narrativo (non diegetico) che si impiega a dipanarli. Questa curvatura, all’interno di un film drammatico, ad esempio, o comunque realistico, credo debba sempre conservare una proporzione aurea. Se la durata dell’atto è eccessivamente ridotta gli eventi pesano troppo e la struttura collassa. Se la durata dell’atto è eccessiva, invece, gli eventi si sganciano gli uni dagli altri e la struttura crolla per mancanza di argini.
Sì, credo di aver raggiunto il nobile scopo di essermi spiegato ancora peggio !
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