Ricevo in questi giorni, e voglio condividere, queste appassionate riflessioni di Marco Gallo, personaggio che su questo blog non ha bisogno di presentazioni. A lui si deve tutta la distribuzione di Un Inguaribile Amore. Gli ho chiesto di poter pubblicare le sue parole perché credo possano rappresentare un motivo di riflessione per tutti quelli che scrivono storie e che vivono questo tempo.

 

 

 

    Caro Giovanni,
mentre leggevo quello che mi hai scritto, pensavo a questo mondo.
Sembriamo così vicini, con tutta la comunicazione di cui disponiamo.
Sembriamo così, necessariamente, attenti a causa di tutti gli stimoli di cui disponiamo. Eppure siamo, tristemente, così lontani. Per quanto vicini, ancora, se si può, più lontani.
E se uno ne ha la forza… è una lotta dura questa della lontananza e della vicinanza. Tanto quanto quella tra la pesantezza e la leggerezza, tra l’avere e l’essere, tra l’apparire e il testimoniare, tra la fuga e la rincorsa. Tra il tempo come un vettore e il tempo come tante piccole pozzanghere che non riescono più a inumidire la nostra memoria.

    Non viviamo più per continuare qualcosa, ma per terminarla, nel modo più soddisfacente, nel minor tempo possibile. Senza strascichi, senza un passato sul quale riflettere. Rifuggiamo da identità offerte o imposte, che sono sempre pericolose e invadenti e perigliose come scogliere nordiche attraversate a piedi nudi.
Noi non possiamo essere più niente, se vogliamo essere qualcuno. E’ pericoloso amare, avere più che conoscenti tra le proprie amicizie, procreare è come stonare con il proprio pene. Non è un rigurgito da pessimista il mio. Lo sai quanto sia ottimista e combattivo. E’ che sono costernato per quanto riusciamo a sentire tutto senza ascoltare più. Per quanto coloro che dovrebbero parlare, forse lo fanno, ma senza evidenza o senza lasciare il segno.

    Il saggio di Bauman parla di noi, di come l’uomo contemporaneo stia ospitando dentro di sé quello che sta avvenendo. Di come si stia trasformando da Pellegrino a Turista. Di come non ce la faccia più a spostare nel tempo la gratificazione del suo operato, deve poter avere tutto e subito. Un piccolo saggio, ma molto denso, che ancora non ho terminato di leggere, ma che già dopo una trentina di pagine si è fatto riconoscere ed apprezzare.
Capisci Giovanni, oramai non consumiamo più solo gli oggetti dopo averli desiderati, ma fra poco, e già ci sta capitando con continuità, desidereremo le persone per consumarle con la facilità con la quale si scarta un formaggino Mio.
Quanta stupidità ci deve essere dentro una persona saggia per accettare la propria? Non lo so, … a questo ci stiamo portando? E’ un mondo più confuso e quindi più complesso, ma quello che provo è che non riesce a ritornarci momenti collettivi di vera felicità.

    Vedo persone spente davanti a me, nel traffico, nei bar, un mondo spento, fuori da quello che sta accadendo. Non avremo l’acqua potabile fra cinquanta anni. Il mare si alzerà pare di quanto vuole lui, noi però rimaniamo seduti tra l’uccellino dell’acqua minerale e “I fatti vostri”. Immobili spinti a essere informati su tutto, ma a non capire e soprattutto a non reagire. Presi da altro, presi dentro altro..
A persone come te Giovanni, a un artista è richiesto questo sforzo immane di comprendere e tradurre per gli altri. Almeno una interpretazione, una frase chiara portata all’ascolto e alla visione può fare molto a patto che ci sia uno schermo e spettatori non distratti. Ma questa è un’altra storia che potremo raccontarci a Roma davanti a un caffé. Che ne pensi?

Un affettuoso abbraccio.
Marco

 

    Caro Marco, sai che la questione dell’essere un artista mi è del tutto estranea.  Ma lo sforzo immane di comprendere e tradurre, ognuno nel proprio, è richiesto ad ogni essere umano. Credo sia una forma di salvezza necessaria che si chiama presa di coscienza. In questo senso, sento che le tue parole mi riguardano e riguardano tutti noi. Grazie. giovanni.

0 risposte

  1. Nell’ultimo film di Olmi si parla di un caffè con un amico. Un libro non vale un caffè con un amico. E’ vero, ma un libro può riempire di senso quel caffè. Il libro suggerisce la “pausa caffè”, non per evadere dalle responsabilità, non per fuggire da qualcosa, ma per creare uno spazio che ci consenta di entrare insieme nel problema e di sostenerci nel tentativo di scioglierlo. I problemi non si risolvono mai del tutto e quasi tutti i problemi hanno radici e soluzioni al di fuori di noi, ma districare un problema insieme è lo spazio dell’amicizia, consente una visione più ampia, relativizza l’assoluto che ognuno di noi crede di essere.

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