Giro per la città e guardo i manifesti elettorali. Inutile entrare nel dettaglio. Ma mi vengono in mente alcune storie, e mi sembra il momento propizio per ricordarle. La prima non è proprio una storia, è semplicemente un detto indiano di grande saggezza. Dice che l’alba sorge nel momento in cui si riesce a distinguere un filo nero da un filo bianco. Il pensiero è bellissimo perché ci rimanda al fatto che l’alba è sempre un’alba per noi, e che sorge davvero solo quando i nostri occhi sono pronti a vederla.
Sento voci, intorno a me. Che si dovrebbe votare questo, che invece quell’altro sarebbe meglio perché. Che comunque bisogna esprimere una posizione, magari turandosi il naso però… E abbiamo davanti tutti questi fili. Neri, bianchi, cose rosse, cose verdi… Stavolta i miei occhi devono essere appannati, per me l’alba non vuole proprio arrivare e i fili sono indistinguibili. Con tutta la buona volontà mi metto lì, li ascolto per radio, li leggo, li sbircio su internet… macché.
La seconda storia è altrettanto antica. Parla del figlio del dio Sole e della sua amante Pasifae, legittima moglie di Minosse re di Creta. Dal loro sventurato amore nacque il Minotauro, mezzo uomo e mezzo toro. Minosse avrebbe voluto ucciderlo, ma poiché in parte divino, dovette ripiegare sul geniale inventore Dedalo, e gli chiese di nascondere quel figlio di sua moglie alla vista degli uomini. Dedalo costruì un labirinto e ve lo rinchiuse.
Oggi sono cambiate alcune cose. L’essere che piace al 60 % degli italiani è mezzo destro e mezzo sinistro, mezzo anticomunista e mezzo ex comunista. A volte è così tanto mezzo e mezzo che sembra si tratti di due persone diverse. Fa parte della mostruosità ma non c’è da farsi ingannare: è proprio un essere solo. Ha infilato una porta USB nel muro del labirinto, ne è uscito e ha fatto entrare noi. Attende come il gatto con il topo: quella che ci mostra adesso è solo una demo di quello che farà.
Poi c’è una terza storia. Non è finita molto tempo fa. E’ durata quarant’anni e l’essere che piace al 60 % degli italiani la ama moltissimo. Si chiama Democrazia Cristiana. Coming soon.
Ecco. Confesso di ritrovarmi qui, con questi fili in mano. Ma non so quale sia quello nero e quale il bianco. Non so nemmeno se uno sia nero e l’altro bianco. E non è che non li abbia guardati con attenzione, anzi. Una frase però vince la semioscurità e brilla nel mio oblio. L’ho letta sempre su uno dei manifesti elettorali. “Gli indiani hanno accettato l’immigrazione nei loro confini. Ora vivono nelle riserve”. Augh.
C’è un buco nella mia calza, è una calza rosa-fuxia, la metto per indossare la scarpa. Devo rammendare il buco e calzare la scarpa o lascio il buco: con la scarpa il buco non si vede e intanto io cammino. Cammino come? Fino a quando?Il mio alluce toccherà la scarpa e a poco a poco si irriterà la pelle, si romperà l’unghia. Come farò a camminare?
Devo rammendare la calza, ma quel bel colore rosa-fuxia, pieno di ingenuità e di speranza, non lo possiedo. Ho solo un filo bianco e un filo nero, il guaio è che non sono in grado di distinguerli; loro stessi si sono imbrattati e adesso sembrano uguali, uguali ma, comunque, non rosa-fuxia. Devo buttare la calza rosa-fuxia? Devo buttare i fili che, comunque, possono sempre rammendare qualcosa? E’ meglio lasciar perdere e che i miei piedi siano presi da qualcuno che decide per me, mi mette calze verdi o rosse o nere e mi infila scarpe che sanno bene dove andare.
L’unica cosa certa è che il rosa-fuxia così bello, così ingenuo e gioioso, non ci sarà più.