Di solito dà fastidio, diciamo che nemmeno dal punto di vista creativo è una zona che frequentiamo volentieri. L’attrito fra noi e qualcuno o qualcosa. Spesso, l’attrito fra una parte e l’altra di noi. Non frequentiamo perché fondamentalmente non è piacevole frequentare conflitti. C’è in ballo la nostra idea del mondo e soprattutto la nostra idea di noi. Il problema si riversa dritto nelle storie che si scrivono. Perché c’è sempre un contatto profondo tra le nostre storie e noi e quindi tra i conflitti che le nostre storie mettono in atto e quelli che ci si agitano dentro. C’è sempre una parte di noi che guarda se stessa e che si giudica. Come persone – ma questo è un parere personale – e come autori – e questo è il punto.
Mi viene il desiderio di segnarmi alcuni piccoli riferimenti per me, come dei promemoria per orientarmi durante il viaggio. Me ne segno alcuni, ma mi auguro di racimolare anche gli appunti degli altri che passano di qui. Sarebbero per me un vero regalo.
Dimenticarsi di sé mi sembra sempre essere un buon punto per partire. Stare nella storia. Accettare dentro di noi l’esperienza e la sofferenza di un personaggio che non siamo noi. Consentire a una diversa configurazione del mondo, a un diverso assetto simbolico ed emotivo di entrare in noi. Essere pronti a prestargli le nostre energie migliori e tutto il nostro tempo.
Rinunciare alla coerenza come ad un valore assoluto. Questo penso sia un punto difficile ma mi rendo conto che mi è sempre più necessario mentre scrivo. La coerenza è una delle virtù più sbandierate e richieste. Siamo sempre lì sul piede di guerra per cogliere le contraddizioni altrui e siamo attentissimi a non caderci noi. Quando ci cadiamo – già il verbo dice tutto – ci stiamo male e spesso cerchiamo di nasconderlo. Invece dentro di noi ci sono molte voci. Le voci che vorremmo vedere dentro ai personaggi per riuscire ad amarli come persone vere. Le voci ci portano in direzioni diverse. Ci strappano a metà, ci confondono sul chi siamo. Ma in realtà non sono cattive, sono la verità complessa che ci abita. Se facciamo dell’identità di un personaggio un lato solo, un’immaginetta, come ci regoleremo con il suo cambiamento ?
Sospendere le nostre convinzioni personali. Mi rendo conto che questo solleva spesso delle obiezioni, ma se non sospendiamo il nostro punto di vista sul mondo – in fondo significa ancora dimenticarsi di sé – non possiamo vedere il mondo dal punto di vista del personaggio.
Cercare la libertà. Essere liberi significa poter scegliere. Una parte grandissima di questo potere si chiama consapevolezza. La consapevolezza è consapevolezza – in questo senso – anche di queste voci che parlano dentro di noi. Che dicono e chiedono cose diverse nello stesso tempo e cose che non sono compatibili fra loro. Dovremo dire a noi stessi dei no per dire alcuni sì che riterremo determinanti. Se non riconosciamo queste voci ci impediamo anche di scegliere. La libertà è un ascolto. La consapevolezza e l’ascolto di queste voci interne sono la base profonda del cambiamento, dell’evoluzione. Della contraddizione non intesa come qualcosa che dice contro, ma che dice successivamente a quanto detto prima. Ogni momento è un momento nuovo. Porta con sé una novità che proprio perché tale è altra rispetto a ciò che c’era.
Benvenuti i pezzi di noi che non riusciamo a mettere insieme. Benvenuti i personaggi che dicono e disfano. Benvenuti noi quando abbiamo l’emozione profonda di incontrarne uno e di riconoscerci in lui.
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