Un discorso di Lee Strasberg agli albori dell’Actors Studio. Lo posto qui perché non è un discorso per gli attori né per gli addetti ai lavori. Credo che valga per qualsiasi ambiente. Si tratta di un discorso sbobinato da una registrazione, per cui alcune emozioni di Strasberg sono indicate tra parentesi.

“Al diavolo! Non avevo intenzione di dirlo perché non so che reazioni posso avere, ma non credo che possa turbarmi. E’ che l’altra sera ho visto Jimmy Dean nel Gigante e devo dire che… (piange). Ecco, è quello che temevo. (Una lunga pausa). Quando sono entrato nel taxi, mi sono messo a piangere . Ed era buffo, perché in realtà piangevo per due motivi. Era per la gioia e il piacere provati, il che è strano, ma devo dire che piangevo anche per quello. E l’altra ragione era vedere Jimmy Dean sullo schermo. Quando ho saputo della sua morte non ho pianto; Jack Garfein mi chiamò da Hollywood, quella sera, e io non piansi.

Era una cosa che in qualche modo mi aspettavo. E non credo che adesso stessi piangendo per questo. La ragione per cui ho pianto è lo spreco, lo spreco. Se c’è una cosa in teatro a cui sono sensibile più di qualsiasi altra – forse sto invecchiando, o forse sto diventando sentimentale – è lo spreco in teatro, il talento che cresce e il lavoro che lo fa crescere e lo porta dove è giusto che arrivi. E poi, quando ci si arriva, cosa diavolo succede?

La distruzione insensata, lo spreco insensato, il saltellare qua e là da una cosa all’altra, lo spreco del talento, lo spreco delle vostre vite, lo strano tipo di comportamento che non aveva solo Jimmy, vedete, ma che tanti di voi qui hanno, e tanti altri attori che stanno passando esattamente per la stessa cosa.  E veramente la cosa per cui piangevo non era solo lo spreco. Era l’impotenza, perché mentre è qualcosa che mi coinvolge profondamente, non ho la minima idea di cosa diavolo farci. Non si tratta di temperamento.

Vedo altre persone passare per lo stesso tipo di buffonate, in un modo o nell’altro. Sento parlare di uno, poi di un altro. Non appena crescete come attori, non appena raggiungete una certa posizione, ecco là l’ubriachezza e tutto il resto, come se, ora che ce l’avete veramente fatta, l’incentivo sparisse e accadesse qualcosa che per me è assolutamente terrificante. Io non so cosa fare. Puoi dire a uno: “Va’ da uno psichiatra”, o “Va’ qui”, o “Va’ lì”, ma intanto c’è lo spreco.

(…) L’individuo non può far niente. L’individuo parte da una propria voglia. So che è vero, non solo per le persone che stanno qui, ma per tutti quelli che fanno teatro. Voi avete questo strano sogno che in qualche modo in teatro accada qualcosa. Non sapete cosa, ma questa è la sensazione che vi pervade. Ma il sogno deve essere realizzato da un qualche tipo di sforzo congiunto. E questo bisogno mi turba moltissimo.” (Continua)

 

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