Arriva spesso all’improvviso, a gelare la primavera dell’infanzia o dell’adolescenza. La morte di qualcuno che amiamo, la cui presenza in quegli anni riteniamo scontata ed eterna.  Chi più chi meno duramente, tutti abbiamo conosciuto questo strappo improvviso. Sapevamo che la morte esisteva, ma non si è mai pronti a incontrarla da vicino. E la cosa sconvolgente è che per ogni morte è tutto nuovo, che non ci si può abituare. E’ che non sai cosa vuol dire finché non ti succede e che finché non ti succede una parte di te è convinta che non ti accadrà mai.

     L’avvento della morte solleva il tema del senso. E’ la prima domanda forte per un personaggio convinto – come lo è Atalanta – di bastare a se stessa e al proprio mondo. Amica delle altre ninfe ma in realtà solo complice di una vita rarefatta, senza contatto con la realtà, di un compiacimento nello specchio dei giorni, Atalanta spia le case e gli uomini che ci vivono dentro senza mai desiderare di andarci ma senza riuscire a smettere di spiare. Vedere senza essere vista. Guardare senza incrociare lo sguardo con quello degli altri. Controllo senza fiducia, senza abbandono.

    Se l’adolescente fa come l’etimo greco vuole (adolesko = sto in disparte), Atalanta sta vivendo in pieno questo periodo. Ma la vita, che sempre ci aiuta a crescere, le fa un favore. Le regala un immenso dolore, dopo il quale non sarà più la stessa: è impossibile vedere senza essere visti. Britomarti non riesce a capirlo e fugge lo sguardo concupiscente di Minosse, e paga questo fuggire con la vita. Non è che avrebbe dovuto accettare la sua proposta, ma arco e frecce alla mano avrebbe dovuto misurarcisi. Invece – coerentemente con la sua età – fugge al confronto e si defila, e questo significa rifiutarsi di crescere: in altre parole morire.

    Ecco perché Britomarti muore ed ecco perché Atalanta è furiosa e vuole vendetta: perché Britomarti non è nient’altro che l’adolescenza di Atalanta che muore, è un’età, è un tempo che se ne va di colpo senza avvisare. Siamo sempre visti. Sia che siamo desiderati sia che siamo odiati, dobbiamo fare i conti con il sentimento degli altri verso di noi. Perché alla fine è parte costitutiva della nostra identità, dato che sono le nostre relazioni a definirci per quello che siamo.

    Accettare lo sguardo dell’altro su di noi. I suoi occhi, il suo pensiero, il suo sentimento. In una splendida battuta di un film che ho visto recentemente, una signora anziana dice: lo sai cosa si prova a non essere più toccati da nessuno per anni ?  Noi siamo l’esperienza dell’altro che ci tocca, mi ritrovo sempre a considerare questo aspetto della nostra identità che risiede in ultima analisi nell’altro, o per lo meno nel confine tra l’altro e noi.

    Stesso discorso vale per il tempo. Perché assistere alla fine ci interroga sul senso del presente. Se è vero che la nostra coscienza è sempre sospesa tra il chiederci come siamo arrivati a questo punto e il chiederci dove arriveremo di questo passo,  la morte gioca un ruolo fondamentale. Disincanta l’incanto, tira giù il sipario, rimuove l’inganno di questo presente così piacevole e che parrebbe essere immutabile…

    Non è importante il rapporto tra Atalanta e Britomarti: è stretto ma non è determinante. E’ determinante quello che sta morendo di Atalanta in questo punto. E nasce un aspetto nuovo, contraddittorio con la ninfa che era  solo poco fa: nel cuore di Atalanta si fa strada l’ira. L’ira è sempre un sentimento indirizzato, è sempre contro qualcuno. Nel cuore di una che sta in disparte nasce un sentimento di relazione. Per Atalanta il bersaglio sono gli uomini, che l’hanno rifiutata in quanto donna, e che hanno ucciso la sua compagna in quanto femmina.

    Se superficialmente sembra che Atalanta si stia separando ancora di più dai suoi simili, profondamente ci si sta avvicinando. Sente qualcosa di forte nei loro confronti. Sta inconsapevolmente accettando la presenza dell’altro e sta inconsapevolmente riconoscendo che l’altro è importante. La struttura della sua adolescenza prende una prima botta violenta: da questo conflitto duro e senza mezze misure è destinata a nascere una donna. Ma questo è il momento dell’odio, della vendetta. Atalanta prende il suo cane e corre a rimettere a posto il mondo, a farsi la giustizia che è capace di concepire in questo momento. Atalanta è tutti noi quando pensiamo che il mondo sarebbe migliore se ragionasse con la nostra testa.

0 risposte

  1. Ispirazione 2

    Non si fermarono al primo sangue.
    La tradizione diceva così, bisognava smettere appena sgorgava sangue dalla prima ferita che sarebbe stata quindi anche l’unica.
    Bastava una goccia per affermare la propria entrata nel mondo degli uomini.
    Non quella volta.

    Bastò che uno solo lanciasse l’idea, che uno solo non si fermasse, che uno solo decidesse che quello era veramente un bel gioco.
    Andarono avanti per ore.

    Da un certo momento in poi il corpo non fu più un problema: non c’era più nessun corpo.
    Poi il cielo divenne immenso e anche la mente non fu più un problema.
    Dagli occhi aperti scendevano lacrime trasparenti come pioggia ma nessuno piangeva.
    Non c’era più nessuno.

    Non si fermarono al primo sangue ma li fermò la noia.
    Non la paura, né la coscienza, né la religione.
    Semplicemente la noia.

    Cos’è rimasto?

    Vendetta
    Cercare il vostro corpo, le vostre facce, la vostra storia

    Non credo di volerlo
    Non oggi

    Oggi
    Non c’è più nessuno

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