Una volta chiarito il bisogno inconscio del personaggio, cioè quell’ elemento della sua interiorità che detta in silenzio tutto l’arco delle sue azioni, scena per scena è fondamentale individuare l’obbiettivo. Se il bisogno inconscio è qualcosa di profondo e non tangibile, non concreto, i gradini per raggiungerlo sono invece fatti di step progressivi e più immediati. Il nostro personaggio dovrà superare un esame, o rubare una borsa, o essere più veloce di chi lo insegue, o riuscire a sedurre qualcuno… L’obbiettivo concreto e il modo in cui tenterà di raggiungerlo, sono gli elementi di cui il pubblico dispone per capirne l’animo in profondità.
    A questo proposito mi viene in mente che spesso si sente dire dei film americani che sono troppo carichi di colpi di scena, di eventi, di sorprese, e che tutto sommato questo stratagemma della suspence è abbastanza infantile e, per qualcuno, narrativamente persino volgare. Non vi è dubbio che talvolta possa essere così. Ma se si osserva in profondità la natura di una storia… si può vedere come non solo nel cinema americano, ma anche nella narrativa non cinematografica, le scene siano alla fine riconducibili a due grandi famiglie: quelle di beat e quelle di establishment. In quelle di beat la storia fa dei passi avanti, procede con gli eventi, in quelle di establishment viene raccontato il mondo, descritta ulteriormente la situazione, ridefinito il contesto.
    Ciò che avviene spesso nei film che non funzionano, è che le scene di beat non sono incisive come dovrebbero, ma sembrano quasi scene di establishment. Se è la terza volta, per esempio, che un personaggio prova in un modo simile ad ottenere la stessa cosa senza riuscirvi, la vera scena di beat sarà solo la prima, mentre le altre due saranno solo descrizione della vitaccia di questo poverino. Perché siano tre beat, nessun tentativo deve assomigliare a quello precedente, e le tre scene devono rivelarci ogni volta un livello nuovo del nostro personaggio. Quando ci chiediamo: cosa vuole Clarissa in questa scena ? E in quella successiva ? E in quella dopo ancora ? Come possiamo far progredire la nostra conoscenza di lei ad ogni passaggio ? Quando ci chiediamo questo, abbiamo più possibilità di renderci conto che magari Clarissa vuole sempre la stessa cosa e non la ottiene perché fa più o meno sempre lo stesso tipo di tentativo per ottenerla.
    Troppo frequentemente scene drammatiche diventano poco più che descrittive, e questo spappola l’energia dei nostri film.
Perciò, mi viene da pensare che la chiarezza di ogni scalino, la relazione drammatica di ogni obbiettivo parziale del personaggio con quello che aveva nella scena precedente e quello che avrà nella scena successiva, siano un luogo irrinunciabile per scrivere una storia e consentirgli di viverci dentro.

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  1. Un solo commento per tutti i tuoi “spunti”. Un GRAZIE veramente maiuscolo perché costituiscono una vera guida per chi, come me, vuole imparare a scrivere. Ad assaporare, ma anche a discriminare le letture e la visione di film.

  2. Questa volta Adriana ‘chiede’: colpo di scena è sinonimo di scena madre?
    Un incontro, un evento che di per sé non sembra importante, ma che poi acquisisce rilievo perché condiziona una vita, l’azione futura, è una scena madre? Giusto per ‘rompere’ anche a Natale. Ciao

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