Proprio vero che le cose si chiamano. Dopo le parole su Alda Merini, il film di Marina Spada su Antonia Pozzi. Lo vidi in primavera, quando non era ancora del tutto finito. E il seguito che ha avuto mi pare stia confermando le sensazioni che aveva dato all’inizio, con l’avventura del Festival di Venezia e i relativi consensi. Due donne che si mettono in contatto, si ascoltano, si cercano forse cercando se stesse. Il film verrà proiettato al Mexico la sera del 20 novembre. Di seguito alcune informazioni sul film e sulle sue ragioni tratte dal dossier ufficiale del film.

Partendo dalla figura di Antonia Pozzi, poetessa originale e appassionata, oggi riconosciuta come una delle voci più alte del Novecento non solo italiano e morta suicida a soli 26 anni nel ‘38, Poesia che mi guardi vuole riflettere sul ruolo dell’artista e del poeta  nella società di allora e di oggi.

Il film, partendo dalle poesie e dai temi che la più recente critica ha individuato come centrali nella Pozzi, dà voce alla sua poesia e alla sua tormentata ricerca esistenziale, al suo disagio  verso il suo ambiente sociale, la classe alto-borghese milanese, che le impediva di vivere in modo sincero e passionale e verso un mondo maschile che liquidava il suo talento poetico come disordine emotivo.

Parlare della Pozzi vuol dire anche riflettere sull’ essere donna nella nostra società, sulla creatività al femminile e sul rapporto tra arte e vita. Il film mostra per la prima volta i filmati 8mm girati da Antonia e talvolta da suo padre. Sono immagini che, insieme alle tante fotografie da lei scattate,  mostrano la sua famiglia, gli amici, la natura, soprattutto le sue “mamme montagne” e le periferie, che la Pozzi frequentava a amava per la loro autenticità. Motore e voce narrante del film è Maria, una cineasta che, affascinata dalla Pozzi, ne studia l’opera e ricerca il mondo e i personaggi della sua vita.

Decisivo per Maria è l’incontro con un gruppo di studenti universitari, gli H5N1, che diffondono le loro poesie in forma anonima sui muri della città, nella convinzione che nelle nostre vite ci sia tanto e sempre più bisogno di poesia. Maria li coinvolge nel suo progetto: vorrebbe che la poesia di Antonia Pozzi, tramite i ragazzi, rinascesse a Milano, non più come espressione solitaria e intima, ma come momento condiviso. Vorrebbe che questa azione diventasse riscatto per Antonia Pozzi, dandole quel riconoscimento e quella visibilità che le erano stati negati in vita.

Complimenti a Marina, che ancora una volta ci ha dato un’occasione di cinema e di riflessione. Complimenti anche a Renata che ha scelto di produrre un film coraggioso come questo.

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