Terza inquadratura. Dettaglio dell’ostrica. A tutta prima noioso. Mai ripetere una situazione a meno che non ci siano degli sviluppi, soprattutto in un mondo comedy nel quale ripetersi è più imperdonabile che altrove. Difatti ecco la variante: un upgrade della gravità della situazione. Quarta inquadratura: arriva il cameriere con sguardo severo. Ora Bean ha contro due elementi: l’animaletto in mano e il gendarme alle spalle. Urge raccontare come stia vivendo questo raddoppio della pressione, ed è questa la ragione del quinto stacco: primo piano di Bean accerchiato tra ciò che ha in mano e ciò che gli sta sopra. La sua situazione peggiora e noi troviamo la cosa sempre più divertente.
Il sesto stacco è tattico – come se il resto non lo fosse. E’ un ritorno sul primo piano del cameriere, che serve a neutralizzare la tensione: capiamo in un lampo che non vuole metterlo in crisi e giudicarlo. Vuole solo aiutarlo, difatti nel settimo stacco, in campo medio, ci viene mostrato il suo gesto didattico su come Bean dovrebbe mangiare l’ostrica – un gesto che coinvolge tutto il corpo nella sua comicità quindi l’inquadratura si apre, oltre che per cominciare a far esistere la signora accanto che avrà tanta importanza poi.
Ancora uno stretto sull’ostrica, nono stacco. Anche qui rischio ripetizione, invece no: l’ostrica si muove. Prima era una animaletto morto, ora è un animale vivo. Ogni stacco un beat narrativo, ogni inquadratura un tassello indispensabile alla costruzione senza ripetere nulla. Atkinson sta lavorando semplice nella sua genialità. Geometrico. Aumenta il grado dell’ostacolo. Bean, ancora in primo piano allargato, nel decimo stacco. Stesso punto macchina della seconda inquadratura, quando riponeva lo scampo senza riuscire a mangiarlo. Per sottolineare la progressione psicologica. Ora deve superare quell’ostacolo, anche aggravato, che prima gli era stato impossibile. Per cui: stesso punto macchina di quando non ce l’aveva fatta.
Ma sul movimento con il quale mangia l’ostrica, stacca per l’undicesima inquadratura più larga: perché stavolta la sua reazione non può più essere contenuta tra lui e noi: stavolta si espande al contesto, riguarda anche gli altri e questo gli complicherà ulteriormente la vita. Vediamo come Atkinson sia gemoterico e preciso, implacabile nella semplicità della progressione drammatica che aggrava di beat in beat la situazione del protagonista. La signora in fianco a lui comincia a reagire e questa è tutta una promessa, data la quale può stringere per farci godere appieno degli elementi comici della situazione: in inquadratura 12 Atkinson reagisce comicamente, in 13 la signora comincia a sbalordirsi e a farci ridere.
Gli upgrade successivi vanno di fila, la tensione sale ad ogni cambiamento di angolo. Vengono introdotti i due commensali a sinistra macchina, inglobati nel cerchio d’azione dalla macchina da presa, quindi il gioco si risviluppa geometrico tra Mr. Bean e la borsa della signora. Oggetti evocativi di un mondo, di una classe sociale. Ma qui sarebbe infinito farne l’analisi per iscritto e credo noioso seguirla.
Torno ai bambini che dovevano lavorare sul comico e penso. Se gli si fosse detto: lavorate su un signore in un ristorante di lusso a cui non piace niente di quello che ha davanti, che non può avanzare niente e che non vuole mangiare niente. Come se la cava ? Così implicitamente, forse si potrebbero aiutare i bambini a capire che è il disagio che ci fa ridere e che si può ridere del disagio.