Era molto tempo che non capitava, perché alla fine ci vuole sempre la scusa di un lavoro in corso per vedersi. Ma ieri sera sono tornato a cena da Roberto e Pamela. Roby è il mio direttore della fotografia e Pamela la sua compagna regista. Con lui e grazie a lui il mio sguardo è cresciuto in questi anni. Non c’è quasi nulla di quel che io credo che anche Roberto creda. Quasi nessun parere politico. E persino non molte sovrapposizioni cinematografiche. Eppure il mio sguardo è cresciuto con lui.

    Ieri ha lavorato dalle nove meno un quarto alle tre per fotografare un’arancia. Per dare o non dare rilievo alla buccia. Mi pareva che non se ne capacitasse lui stesso. Finalmente tranquillo, bevendo vino e mangiando mi dice: “Ho bisogno di storie dove non succeda niente”. Capirai, in un lampo mi vengono in mente una trentina di cose da dirgli: che se non ci sono eventi non è una storia, che se non succede niente fuori non succede niente dentro, che se non succede niente dentro chi se ne frega ecc ecc.

    Ma Roberto è tranquillo. “Qui non vediamo altro che gente che si ama e poi si lascia, che ride da morire, ridono tutti, oppure gente che si ammazza e che ne fa di ogni, come se la vita fosse fatta veramente di queste cose. Invece prendi Donnie Brasco, prendi La Conversazione. Quello che è straordinario è come è raccontata la normalità”.

    In realtà non è così: né l’uno né l’altro film raccontano la normalità, ma entrambi raccontano la normalità con la quale alcune persone vivono situazioni per noi straordinarie. E questo è l’essenziale. Siamo entrambi troppo stanchi per intavolare il discorso, e poi Pamela è troppo brava a cucinare e quando parla di animali uno la sta a sentire perché si tratta di passione pura. Ma il desiderio di niente di Roberto è qualcosa di molto vero.

    Come si fa, se la storia è spina dorsale, eventi che si generano l’uno dall’altro, a scriverne una silenziosa, normale ? Sembrerebbe contraddittorio, e d’altro canto chi non ha sperimentato questa stanchezza del cuore e delle orecchie davanti al mondo che grida troppo, che ride troppo, che corre  e desidera ogni volta esperienze emozionanti adrenaliniche ed estreme ? In realtà siamo sempre lì: che le storie non sono i fatti ma quel che ne facciamo dentro di noi. In parte il mondo forse teme sempre di più di interrogare la propria interiorità, in parte se il cinema deve raccontarlo forse gli fa il verso.

    Allora mi si apre uno sguardo possibile, mentre prendo altro riso. D’altro canto Roberto mi ha sempre aiutato a vedere in altri modi possibili. E se… scrivessimo storie sul mondo che vorremmo, e non su quello che c’è ? Non in senso favolistico, non i telefoni bianchi e nemmeno le commedie romantiche. Un cinema che considerasse il dolore per quello che è ma anziché raccontare la realtà tentasse di sfrondarla ? Un cinema che si facesse largo nel rumore, con semplicità,  con i movimenti necessari e tutto il resto via ?

    E’ solo un lampo. Dopo l’arancia Roberto ha cominciato con l’albicocca. Non so da dove arrivasse in questa stagione, ma era un’albicocca vera e lui la stava ancora fotografando  quando sono arrivato per la cena. E mi limito a pensare che è molto bello, se capita, voltarsi indietro e scoprire di aver avuto qualcuno con cui guardare le cose.

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