Prima pensi che non ci sia. Che sia un’invenzione retorica o poco più. Quella linea, dicono, che separa il bene e il male dentro di te. Quando sei molto giovane può capitare che tu non la veda. Quella linea esiste eccome, ma fra te e gli altri. Fra i buoni e i cattivi, non tra il bene e il male. E se su questo punto non ti capita mai di doverti profondamente ricredere – è sempre un momento di grande amarezza – finisce che poi scrivi anche i tuoi personaggi così. Buoni e cattivi. Pure teorie, niente di vero.
Ma li scrivi così, perché non hai fatto l’esperienza di quella linea in continuo movimento, inquietante silenziosa e tagliente, che separa dentro di te “il medesimo autore di azioni così diverse”, come direbbe Heiner Muller.

    Non si può parlare di come si scrive una storia senza parlare di chi la scrive. Continuerò a dirlo finché non finirò di capirlo.
Trovo queste riflessioni di Padre Silvano Fausti S.I. che proprio a questo proposito voglio condividere.

    “In ciascuno di noi ci sono due tendenze, due voci, due spiriti o due messaggeri opposti, uno buono e l’altro cattivo. Si esprimono in due atteggiamenti interiori profondi che determinano il senso del nostro agire e del nostro vivere: l’uno porta a unirci e l’altro a dividerci, l’uno a dar fiducia, l’altro a toglierla. In noi ci sono sempre tutti e due.
Non siamo liberi di averli o no, di sentirli o meno. Possiamo però non avvertirli, ed è un’ignoranza gravida di conseguenze.

    La nostra libertà sta nel decidere di sentirli, conoscerli e aggiudicare la vittoria all’uno piuttosto che all’altro, consentendo all’uno e dissentendo dall’altro. Ciò a cui acconsentiamo, cresce; ciò da cui dissentiamo, decresce. Siamo gli arbitri, tutt’altro che imparziali, delle nostre azioni e del senso della nostra esistenza.
Questo è il libero arbitrio: dipende da noi far vincere l’io vero che ci edifica nell’amore reciproco o l’io falso che ci distrugge nell’egoismo.

    Per questo è importante sentire i due spiriti in noi e discernere la differenza, distinguendo tra ciò che apre alla fiducia e alla vita e ciò che chiude nella sfiducia e nella morte, in modo da acconsentire al primo e dissentire dal secondo.
Siamo fatti per la felicità: è quanto tutti cerchiamo. Solo l’incoscienza di ciò che pure sentiamo e l’ignoranza su dove ci porta ci rendono arbitri cattivi contro noi stessi, che fanno vincere ciò che ci perde e lasciano perdere ciò che ci fa vincere”.

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