Scambio due chiacchiere al volo con Cesare Cantù nella pausa coincidente delle nostre lezioni.  Cesare è un espertissimo montatore che ama il cinema e che soprattutto ama parlare alla gente di linguaggio televisivo. Fra le altre cose, Cesare è l’autore del famoso “Il corpo delle donne”, documentario che si può vedere in rete con facilità.

Ti fa un quadro della situazione e tu ti chiedi: com’è che queste cose non sono di dominio pubblico? Perché gli italiani non sanno come funziona veramente l’auditel? Perché non sono a conoscenza di che cosa comporta veramente il digitale terrestre? E che molti programmi di intrattenimento sono girati con lo stesso linguaggio del cinema porno? E che gli sfondi dietro le persone intervistate negli struggenti programmi televisivi pomeridiani sono fotografati e coreografati con intenti precisi anche quando sembrano casuali?

L’altra sera mi dice: ti sembra possibile che in Italia non abbiamo ancora fatto un film su Piazza Fontana?  Fino a un certo punto abbiamo accompagnato la nostra storia: Sacco e Vanzetti, Il delitto Matteotti, Il caso Mattei… poi basta. Su alcune pagine della nostra storia, silenzio. Devo dire che non ci avevo pensato, forse perché non amo particolarmente i film di ricostruzione storica. Perché mi sembra sempre che il cinema venga relegato sullo sfondo e che si tratti in primis di un’operazione socio-politica.  Però la domanda mi inquieta.

Naturalmente la riconduco a me stesso. I film storici sono per autori con soldi e con grandi produzioni. Nessun filmaker indipendente può pensare a un film così.Però è vero che raramente le nostre idee partono dalle radici, dal passato. E’ vero che siamo come immersi, travolti, intrisi di presente. E’ vero che le radici stanno sotto la terra e noi siamo come in una nube di foglie che frusciano. No, Piazza Fontana non è per me né per quelli come me.

Ma il pensiero invece sì, può essere richiamato ad una dimensione quasi dimenticata: presi dal futuro di Avatar potremmo ricominciare a chiederci da dove veniamo, senza per questo fare film cervellotici e incomprensibili. Semplicemente l’amore per la nostra storia sociale e personale. La mattina dopo entro in aula,  scuola del cinema, II corso regia. Una ragazza mi parla di un libro che sta leggendo. Titolo: senza radici non si vola.

0 risposte

  1. Gli americani, è vero, fanno Avatar, ma fanno per esempio anche Leoni per agnelli (è solo il primo che mi è venuto in mente…). Essi vivono il presente (nel senso che ho inteso io dalle tue parole, circa l’origine delle idee) molto più di quanto possiamo pensare di farlo noi (diciamo in Europa va…) analizzando “il passato” cliccandoci sopra subito, molto spesso anche in fase storica non ancora chiusa. Senza respiro. Senza lasciare buchi.
    gigi

  2. Giovanni, sai che il tema dell’identità mi tocca molto da vicino. Qualcuno disse che l’uomo è nei suoi progetti. E qui sono d’accordo. Ma per saper progettare, occorre una base di identità, mica facile da identificare, al punto da volerci costruire su. La famiglia è un buon punto di partenza, una istantanea nel portafoglio, un pulsante rosso in caso di emergenza. Il resto lo si guadagna affrontandolo con un coraggio la cui fonte è sconosciuta ma senz’altro interiore. Quindi le radici bisogna averle dentro.
    Luca

  3. “Senza radici non si vola” è una rivoluzione. E ancora di più lo è lì’idea di rilettura dei rapporti e delle relazioni d’amore che propone. “Costellazioni familiari”, il metodo sistemico che propone Hellinger.
    Un periodo importante me le ha fatte attraversare, e non solo sui libri.
    Chissà che reazioni avresti, a un incontro di costellazioni… 🙂

    Ciao, Giovanni. E’ iniziato un nuovo anno, che sia ricco, sereno e intenso per tutti.
    Io l’ho iniziato con una settimana di febbre alta. Se il buongiorno si vede dal mattino…
    😐
    Anna

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