Ci sono alcuni studi che affermano che la prima cosa da fare quando si comincia a costruire un personaggio e a scrivere di lui, sia definire con precisione il suo bisogno inconscio. Cioè quello che davvero lo spinge a fare tutto quello che fa senza che lui l’abbia capito. E’ un po’ la stessa logica che spinge gli americani ad affermare che come ogni volta che si parte si conosce la meta del proprio viaggio, la prima cosa di cui essere certi quando si scrive una storia, è il finale.

    Non so, probabilmente il mio percorso di narratore va al contrario. C’è stato un tempo in cui queste “verità” per me erano molto determinate e conseguentemente determinanti. Adesso è come se stessi disimparando tutto…  Non solo in questa quarta stesura del lungometraggio sto continuando a capire Francesca, Andrea, Beppe e Anna, ma quando cominciai la prima stesura avevo una gran voglia di capirli, perché ne ero attratto ma non ne conoscevo il motivo.

    Credo che in questa spigolatura ci sia di mezzo davvero l’oceano. Da una parte, la tecnica formidabile (checché ne dicano gli snob europei che si condannano a film mal raccontati e noiosi che hanno la pretesa di essere sottili) degli americani che gestiscono i volumi e gli equilibri narrativi con una maestria di un altro mondo, dall’altro il nostro desiderio “ostinato e contrario” di voler continuare a capire, di non avere come primo impulso e fine quello di confezionare ma quello di conoscere.

    Chiarisco. Prendere per il bandolo della matassa il bisogno inconscio del nostro personaggio, è un dovere che abbiamo nei suoi confronti e nei confronti di chi seguirà la storia. Significa amarlo, e questa è una condizione necessaria per raccontarlo. Il problema è che questo non è un inizio: è il risultato di tanto cercare nella sabbia, filtrarla passo a passo senza trovare niente del personaggio per molto tempo. Conoscerò il suo bisogno inconscio quando… imparerò ad ascoltarlo. Quando vorrà farmelo capire… Quando saremo in una sufficiente sintonia… Non è come con una persona vera ? Più lavoro sulla mia storia, più capisco che la mia storia lavora su di me. Scrivere è una palestra affascinante e meravigliosa, ma da quando si comincia a farlo con sincerità è una strada ricca di mine, di insidie e di tranelli. La si compie soltanto in cambio di un amore folle. L’incontro con l’altro. Il persona-ggio…

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