La prima cosa che mi viene in mente è lo scempio fatto in copertina, con l’aggiunta al semplice e chiarissimo titolo originale The Last Lecture dell’inutile e fuorviante occhiello La vita spiegata da un uomo che muore. Cosa non facciamo per vendere una copia in più o per staccare un biglietto. Chi non ricorda l’operazione compiuta con il film di Gondry, The eternal sunshine of the spotless mind, tradotto con un raccapricciante Se mi lasci ti cancello ? Eccoci qua, benvenuti in Italia.

Credo che la lezione di Randy Pausch sia tutt’altro che la lezione di un uomo che muore. L’uomo in questione sa di dover morire ma si occupa della vita. Direi che L’Ultima Lezione è la vita spiegata da un uomo che vive e che vive alla grande. Per niente consolatorio, Randy Pausch ci accompagna in una essenziale e brillantissima galleria di situazioni, nelle quali dietro i mille colori che usa, continua a far capolino la stessa voce sottile: viviamo nel mondo dei significati che diamo alle cose e di fronte alla consapevolezza della nostra morte imminente, questa verità si fa nitida e forte.

Sta in noi. Sta in noi cercare di non coincidere con il nostro punto di vista. Riuscire a guardare dal di fuori, riconoscerci solo uno sguardo e non il possesso della verità. Rimanere consapevoli che tutto è un passaggio e un regalo. Che tutto è per noi anche quando non ci piace. Pensieri che espressi da me in questo modo non significano niente. Espressi da Randy Pausch nel suo modo e in quel tempo della sua vita diventano un interrogativo anche severo sulle nostre infelicità.

La bellezza sta anche nel fatto che nelle sue pagine non c’è mai rimprovero. Anzi c’è un infantile, eroico, disincantato e incantevole entusiasmo per ogni piccola cosa che passa. Per ogni ricordo e per ogni momento che il futuro riserverà. Posso dire? Per me è inarrivabile soltanto l’idea. Proprio non riesco a immaginare di saper sorridere in certe situazioni. Ma anche per molto meno di quel che è capitato a lui. Lo guardo come si guarda un alpinista che è tanto lontano da me, la cui salita mi dice che la strada è percorribile, che si può fare. Che sta in me.

Certo se solo si guarda qualche minuto della straordinaria lezione alla Carnegie Mellon, non si può non notare la razza dell’istrione e del saltimbanco. Randy Pausch era credo fondamentalmente un uomo di spettacolo. Però – mi sono detto – perché la cosa dovrebbe darmi fastidio? Nel senso: questo era uno show difficile da preparare, anzi proibitivo. L’ha fatto con rigore e con grandissima abilità. In fin dei conti, oltre che per sé l’ha fatto anche per noi. Per lasciarci un’idea forte e chiara di un punto di vista. E ci è riuscito.

A chi lo regalerei? A tutti. A chi l’ho regalato? A mio padre. Ho due genitori che leggono la parte luminosa delle cose molto meglio di me. A chi lo regalerò? Credo a nessun altro. Ho in mente una serie di reazioni scaramantiche, divertite, infastidite. La vita spiegata da un uomo che muore, e che cavolo… ma se a qualcuno venisse l’ispirazione, si può vedere sul suo sito personale la registrazione di quel giorno.

 

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