Tempo fa, una cara amica mi ha regalato “Un indovino mi ha detto”, di Tiziano Terzani. In quel momento non potevo leggerlo, perché ero in mezzo ad altre letture. Poi però, vinto dalla curiosità, l’ho sfogliato e ho visto che si poteva fare: era diviso in comodi articoletti, e la cosa era affrontabile al ritmo di uno a sera. E vada per il Terzani, dai.

    Ma come potevo non aver mai letto niente di lui ? La mia amica era vagamente sorpresa da questo fatto. Devo dire che mi accade quasi sempre con le persone e le opere di successo planetario. Snobberia ? Non so, sta di fatto che entrare in un viaggio che tutti hanno già decretato meraviglioso mi dà un certo fastidio. C’è solo da perderci, no?

    L’ultima volta che mi era successo fu addirittura ai tempi di “Va dove ti porta il cuore”, non era possibile che non avessi letto il successo di Susanna Tamaro. Un giorno, era estate, mi ci provai. Arrivai fino a pagina 30, quando mi accorsi che il personaggio di un’anziana piena di dolori per l’artrosi, nel tempo libero potava le rose. Fatti due conti e avendo potato qualche rosa, decisi che non ci potevo credere, e tuttora non so cosa accada a pagina trentuno.

    Con Terzani è stato un po’ diverso. L’immagine pubblica non mi è mai sembrata sincera. E’ un’impressione del tutto personale, ma quest’uomo che raccoglie in sé tutta la saggezza del mondo, tutta l’antichità dell’oriente, tutta la modernità dell’occidente, tutta la cultura, tutto lo spirito…. mamma mia quanti tutto… sarà anche tutto vero ? Boh. In ogni caso, l’amica è una persona di intelligenza acutissima, e mi fido.

    Per qualche sera mi ritrovo nel letto con in mano la storia dell’indovino. E mi sembra di essere seduto a un bar, con un amico dai tanti viaggi, dai tantissimi soldi, dalla molta informazione che profuma di cultura, dall’enorme talento nel raccontare quadri geopolitici di rara complessità senza mai dare l’impressione di  semplificarli. Ecco cos’è. Terzani ce l’hai in tasca, lo leggi in tram, in mezzo al casino, sotto l’ombrellone mentre i bambini sparacchiano sabbia e schizzi, in coda alla posta tra conti correnti e litigi. E riesci a seguirlo perfettamente.

    O bella, ma com’è che sono diventato così intelligente e capace di concentrazione ? E questa sensazione edificante che mi lascia dentro, di aver capito tutto anche se non mi ricordo niente di preciso… da dove viene ? Il volume viaggia spedito verso le quattrocento pagine. E ogni tanto mi chiedo: ma cosa sta dicendo ? La risposta è sempre più o meno la stessa nel corso dell’opera: il mondo occidentale è invaso da una paurosa ondata di materialismo che lo sta prosciugando spiritualmente, e in questa fragorosa e violenta caduta, l’Occidente porta con sé anche l’Oriente.

    Bene. Qualcuno aveva dei dubbi in proposito? Valeva la pena di scrivere quattrocento pagine per dire questo? Valgono la pena tutte queste parole, per dire che gli indovini dicono tutto e il contrario di tutto ? Sinceramente, credo che il talento vero di Terzani sia stato quello di mettere in moto delle riflessioni usando parole di grande semplicità (e questo è davvero bello e raro) ma soprattutto che sono già state dette tutte. Abbiamo la sensazione di camminare verso un sapere, ma le sue parole sono un tapis roulant che ci lascia dove siamo. A me onestamente sembra che le pagine di Terzani stiano alla conoscenza come Harry Potter sta alla letteratura. Profumo.

    Alla fine mi arrendo. Ma prima di abbandonarlo, leggo dentro la copertina: la dedica della mia amica. E trovo anch’io, prima di chiuderlo, qualcosa che ricorderò del libro. 

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  1. Ebbene sì, sono sempre io che imperverso. Ho letto questo libro nel 98 e l’ho anche regalato con dediche ad amici. Il suo innegabile pregio, a mio vedere, è la mancanza totale di risposte certe. A noi vengono insegnate ‘certezze’ da quando muoviamo i primi passi e spesso in base ad altre ‘certezze’ continuiamo a camminare, a vedere, a interpretare. Il libro suscita ‘domande’ ed è questo, a mio vedere il suo valore e il giusto approccio con la realtà, anche quella spicciola quotidiana, per chi vuole continuare a crescere. Una pagina è ancora segnalata, vai a vedere il primo capoverso del cap. 15. L’ho trascritto pari pari come incipit su un mio quadernetto che ho chiamato “cespuglio rotolante” e nel quale raccolgo in brevi appunti il succo di cose ascoltate, osservate e vissute.

  2. Carissima Adriana, ti ringrazio per i tuoi interventi che ravvivano questo blog. E poi è bello trovare qualcosa su cui non si va d’accordo, perché come mi hanno insegnato il fra-intendersi è il primo passo verso l’intendersi-fra. Dunque, diligentemente vado al cap. 15, primo capoverso. E vi si dice che ovunque si vada, il vero luogo in cui cercare, è la miniera che abbiamo dentro di noi. Concetto espresso, più o meno nello stesso modo, nelle prime trenta pagine di “Va dove ti porta il cuore”. Coincidenze… un abbraccio. gio.

  3. Io l’ho inteso come ‘miniera intorno a noi’. E’ bello viaggiare in posti esotici e io l’ho fatto in lungo e in largo, ma anche andare in tram, essere fermi al semaforo, in qualche modo guardarsi intorno, cogliere espressioni, intercettare sguardi, ascoltare stralci di frasi, molto spesso gergali, guardare le ‘divise’ che le persone indossano per comunicare, per riconoscersi senza conoscersi personalmente… tutto questo è una vera miniera. Ciao
    Ti risparmio un commento su De Andrè che ha illuminato gli anni della mia vera crescita.
    Ma me lo fai apposta?

  4. Ho letto con passione il tuo conciso commento su Terzani e ho dovuto aspettare qualche giorno per meditare il mio commento. Ed eccolo. Credo che spesso la semplicità venga confusa con banalità, anzichè con complessità risolta. La tua amica.

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