E’ davanti a me in coda. Ha una bottiglia di vino bianco e un pacco di biscotti. Poi una scatola girata verso il basso per cui mi è impossibile capire di cosa si tratti. E’ vestita con una specie di tuta estiva a righine, con mille laccetti, i capelli biondi raccolti dietro. E’ un po’ sovrappeso e ha un portamonete morbido con lo zip, argentato, troppo grande per servire solo ai soldi. Chiede quanto costino le cuffie. Ah, ecco di cosa si tratta allora: cuffie stereo.

     Gira la scatola e mostra alla cassiera che il prezzo in effetti non c’è. La cassiera sta terminando di  aiutare il cliente precedente, per cui si porta avanti: “Non lo so ma non preoccuparti, lo passiamo e vediamo.” Ma la signora insiste, vorrebbe proprio sapere. Allora la cassiera approfitta di un magazziniere che passa di lì. Gli domanda a gran voce se sa cosa costino “queste” – agitandole con la mano. Il magazziniere risponde che non si ricorda, ma che gli sembra… poi farfuglia qualcosa che nessuno capisce bene ma che termina in modo evidente con un nove.

     E’ lì che avrei dovuto parlare. Perché era chiaro che non poteva essere soltanto nove, si era sentito che prima c’era qualcos’altro. La signora chiede: “Ma… solo nove euro ?” E la cassiera spazientita: “Guarda, un secondo e le passiamo così ti dico”. Finalmente le cuffie passano il laser rosso: 29,99. Ma tu guarda che prezzo idiota, mi dico. La cliente è in difficoltà e l’unica a non capirlo è la cassiera. Apre il portamonete e dice: “Beh senti, adesso prendo questi (vino e biscotti), poi per quelle passo più tardi perché adesso sono in bici, per cui magari non mi ci stanno e non riesco a portarle.”

    Non capisco se la cassiera voglia metterla in difficoltà – e allora è fuoriuscita da Diabolik ma urge rimettercela dentro – o se voglia aiutarla ma proprio non ci arrivi – e allora la speranza è l’ultima a morire ma qui ha scelto l’eutanasia. La cassiera spolvera il suo sguardo più severo e più complice al tempo stesso e le dice: “Tu però mi devi giurare che torni oggi eh ?” La signora è inchiodata. Tutta la fila freme. E mi commuove la civiltà veloce che viene fuori, per cui nessuno incrocia lo sguardo e nessuno commenta. C’è un’amorevole distrazione che è una delle cose più belle che mi sia capitato di vedere ultimamente.

     La signora è nel panico, un panico vero, serio, di persona lucida e responsabile, non un panico da ragazzina o da minus habens. E ribatte: “Come giurare… ? Ma scusa… non me le storni ?” Come in un film. La cassiera non sente: “Eh ?” La signora deve alzare la voce: “Non me le storni ??” La cassiera si rilassa: “Ma io non te le ho nemmeno battute. Ti dico solo che se torni oggi me le tengo qui così non devi fare la strada, e non ti faccio fare la fila. Vieni da questa parte e te le do. Però mi devi giurare di tornare, se no te le devo far rimettere a posto”.

    La signora ormai ha speso la parola, aveva detto che sarebbe tornata. E credo sia una cliente abituale. Un bel guaio. Allora annuisce: “Sì sì… torno torno.. però te le rimetto a posto, tanto ci vuole un momento e poi ce ne sono così tante che non me le finiscono di certo…” La cassiera la massacra di cortesia: “Ma sì ma se passi  tra poco è inutile…” – “Okay, okay allora. Passo dopo”. La signora paga il conto di vino e biscotti e si allontana dalla cassa. Tocca a me. Metto due chili di pasta sul tapis e attendo. La donna però torna indietro, con la faccia di vetro di un kamikaze quando tira il filo del giubbotto: “Senti però… te le rimetto a posto sai ? Mica per altro, però stasera è anche il compleanno di mio figlio, devo anche fare la torta… e se poi non ce la faccio ?”

    La gente è ancora sublime a volte. Nessuno sguardo, nessun muto commento. Penso e ripenso ma non trovo nulla che si potesse fare senza peggiorare le cose tragicamente. Però mi brucia. Se avessi semplicemente detto: “No, non è nove: o è diciannove o è ventinove.” Non dico la prontezza di aggiungere un “Costicchiano queste eh ?” ma almeno dire che avevo sentito una sillaba in più anche se non sapevo quale… allora mi viene in mente che mi posso raccontare mille cose: che è un momento, è un lampo, che non si può aver sempre la battuta pronta.

    In realtà so che dici quel che vedi. So che scrivi quel che vedi. E che se non dici o non scrivi quel che vorresti non è mai un caso: è un punto di vista, e ti piaccia o no è il tuo. Non sei posizionato come ti piacerebbe, come ti piaceresti. Non sei quel che ti piace credere, non vedi le cose come ti piace pensare di vederle. Non sei pronto. In qualche modo, sì: tutto questo ti rende… un essere umano a pieno titolo.

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