La reiterazione dell’esperienza di abuso provoca la cristallizzazione delle reazioni neurobiologiche al trauma creando uno stato di allerta permanente che condiziona i comportamenti anche in età adulta. Ad esempio la ri-emersione dei ricordi pur se frammentati o gli stati emotivi di tipo ansioso – depressivo apparentemente inspiegabili (quando non conseguenti agli effetti delle sostanze) possono costituire la base patogenetica di disturbi alimentari oltre che per gli altri disturbi del comportamento.

    Condividiamo l’invito di Manna ad una rilettura psicoanalitica degli effetti del trauma (valutato come una costruzione ipertrofica dell’inconscio e quindi come fatto non necessariamente reale) alla luce di queste scoperte e, viceversa, ad una contaminazione della Neurobiologia con l’interpretazione psicoanalitica degli eventi traumatici.

    Si comprende come il percorso terapeutico debba essere necessariamente lungo e richiedere diversi livelli di intervento. Occorrono tutte le professionalità presente nel Servizio: medico, psicologo, educatore, assistente sociale e arteterapeuta che lavorano in sinergia. Le migliori condizioni di cura vengono offerte dal Centro Diurno (che andrebbe affiancato ad un progetto di abitazione protetta) di cui il Servizio dispone, all’interno del quale si svolgono attività di gruppo sia di tipo terapeutico (bioenergetica, arteterapia) che riabilitativo (gruppi educativi, autogestione del pranzo, inserimenti lavorativi ed altro).

    I luoghi terapeutici diventano molteplici e consentono di avere più figure transferali che comunicano gli stessi obbiettivi trattamentali. Questi luoghi stanno cercando il “trattamento d’elezione” attraverso lo studio dei contenuti emozionali, affettivi ed esperienziali che le tecniche utilizzate fanno emergere in tempi brevi. La psicoterapia bioenergetica utilizza tecniche di attivazione corporea che consentono un accesso più veloce ai nuclei conflittuali che potranno essere elaborati nel trattamento psicoterapeutico individuale.

    In Arteterapia, dove vengono utilizzati materiali piacevoli ai sensi (crete, pastelli ad olio, tempere, gessetti colorati), si evidenzia l’incapacità di provare piacere e di concedersi l’estasi della sublimazione intesa come momento di coesione del sé in contatto empatico con l’aerteterapeuta. i tratti ossessivi caratteristici di queste donne si esprimono in lavori minuziosi ed infiniti che riportano alla tela di Penelope. La produzione artistica è stereotipata, accompagnata da scritte simili a slogan privi di spunti creativi.

    La difficoltà del proiettarsi nel futuro si osserva nel non riuscire a portare a termine un progetto: diventa faticoso anche il solo pensiero di un progetto originale. Lo stesso vale per le attività educative: nonostante le richieste insistenti di inserimento lavorativo, pure in presenza di abilità notevoli, raramente esiste la capacità di tenuta. Così come puntualmente vengono trasgredite le regole. Il cammino per comprendere che la libertà sta proprio nel riuscire a rispettare le norme, richiede anni. Un tempo che deve essere accettato anche dagli operatori che devno reggere illusioni ad andamento sinusoidale e trovare l’equilibrio tra controllo istituzionale, tutela del minore quando c’è, e relazione terapeutica. 

    Il coinvolgimento familiare risulta quanto mai complesso e fallimentare. La questione nodale è come condurre queste donne a far coesistere dentro di sé diverse parti: quelle relative al proprio passato e quelle che nascono durante il trattamento. Senza provocare collisioni e dando un senso di continuità ai vissuti. Siamo arrivati a questo punto, camminando, curanti e curate, sullo stesso filo. Come equilibriste.

T. Bombino, psicologa psicoterapeuta

E. Impegnoso, Arteterapeuta 

 

 

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