Volutamente me ne sono tenuta lontana, ne avevo già letto una scena, sapevo a grandissime linee i contorni della storia, la sfida dell’apnea, i luoghi della Liguria tutt’attorno. Niente di più.
L’ho letta d’un fiato. Tutta, dall’inizio alla fine.
Non tutte, ma alcune in modo così vivo da sorprendermi.
Non ho dato un volto ai personaggi, non sono riuscita a farmi aiutare dal dettaglio delle descrizioni fisiche se non in qualche situazione, però mi sono accorta di avere la testa popolata da immagini più che da parole.
In tensione, dall’inizio alla fine. Senza capire, ma con l’urgenza di arrivare fino all’origine di una paura che sa di antico, ma che è radicata nel presente. Per capire.
O almeno… in taluni casi si può accedere al senso ultimo della paura, riducendo i gesti del presente e ricollocandoli in prospettiva. Spesso, come scriveva quel tale, ogni cosa è illuminata dalla luce del passato.
E’ doloroso ammettere e dirlo a sé, non è umano chiedersi di farne partecipi altri.
Tutto sembra chiaro a chi sa.
Eppure basta avere la chiave per aprire il primo portone, per accorgersi di quante porte è disseminata una relazione. A quanti spiragli si è passati di fronte distratti.
Tutto ha un senso, se si comprende che il senso va cercato in ogni azione.
E la Verità si dispiega al vento con asciutta semplicità.
Tutto chiaro.
Cara Anna, grazie per la tua lettura rapida e appassionata della sceneggiatura. Ne parleremo mai davanti a una pizza ? Mai, lo sappiamo bene, ma continuiamo a dircelo così pensiamo che un giorno la vita darà più tempo per tante cose. Sai quanto sia sospettoso quando le cose sono tutte chiare… Ma mi fa molto piacere aver condiviso questa storia. Grazie.
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