
Fin qui il film di Sam Garbarski è meraviglioso. Semplice, necessario, rigoroso. Poi succede che i soldi arrivano, che il figlio li rifiuta quando ne scopre la provenienza, scandalizzato e offeso, per accettarli in seguito spinto dalla moglie, che da donna e da madre capisce profondamente di quale salto sia stata capace la suocera. A questo punto si scopre che il gestore del locale è in realtà un brav’uomo, che è tanto solo, abbandonato dall’unico amore della sua vita.
Tra i due scocca una delle più improbabili scintille che io ricordi di aver visto al cinema, ma suona come giusto premio in due direzioni. Una per il personaggio, che ha tanto accettato di mettersi in gioco: insomma, a quanto pare non ci sono solo cattive notizie quando si decide di conoscere a fondo se stessi. L’altra per il pubblico, quello che fa i numeri nelle sale, che ci sta sì all’iperbole della simpatica e coraggiosa vecchietta ma che insomma, se poi c’è una redenzione del sentimento non va male e usciamo tutti più sereni. Viene il sospetto di un’attenzione cospicua alla compatibilità con i palinsesti televisivi.
Mettiamo ad esempio che Irina Palm cominci a trovarci gusto… Non sembri una provocazione. Lei è una persona in declino, le sue relazioni sono andate in fumo. I gemiti di quegli uomini le danno la sensazione di esserci, di essere anche fisicamente sentita. Diventa una star e quindi davanti al suo camerino c’è la coda (questo è già nel film). E’ il suo riscatto in barba ad ogni morale. Lei è finalmente, pienamente, autenticamente una donna viva. Non sarebbe stato più convincente ?
Per la verità non sentivo il bisogno che Irina convertisse all’amore e al sentimento il gestore del locale. Perché in questo modo non mi sembra più una storia vera del nostro tempo. Irina Palm è un film che avrebbe potuto essere una memorabile parabola d’amore e di recupero di se stessi. E devo dire che alla fine, ai titoli di coda, ero dispiaciuto perché mi ero illuso di trovarmi veramente di fronte ad una storia coraggiosa e radicale.
Per dirla tutta: se fosse stato un film italiano avrei pensato che qui da noi come sempre è così: alla fine vince il buonismo e si fa cassa. Invece il discorso questa volta non vale solo per noi. Si dice mal comune mezzo gaudio. Ma non è vero. Mal comune, peggio per tutti.
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