Legno segato, legno impilato, legno spostato, legno stipato. Legno scolpito e levigato con sapienza, che diventa oggetto, bellezza, altro da sé e di nuovo sé nella misura in cui torna vita. The Woodsman è un film breve, forse troppo, che possiede una formidabile unità linguistica. Il legno è un materiale vivo, deriva la propria forza dalla terra, dall’acqua e dai sali, e conduce con l’energia della linfa su su in alto, verso le foglie e i frutti. Il legno è ognuno di noi quando è vivo, e quando è se stesso.
Storia di un falegname abilissimo, affetto da carenza d’affetto, declinata in pedofilia, The Woodsman – tradotto in italiano ‘Il Segreto’: ma che doveva fare Nicole Kassell più di così per farci capire che invece proprio il bosco, il legno e gli alberi erano la chiave di lettura ? Perché questo gusto da rivista da sala d’attesa nel tradurre i titoli ? – racconta di Walter, che dopo dodici anni di galera, viene ri-assunto dal proprio datore di lavoro.
Walter segue una terapia per ridiventare “normale”, come dice lui. Lo psicologo gli propone di tenere un diario. Questo diario viene custodito nel cassetto di un tavolino in ciliegio, intagliato dallo stesso Walter in occasione delle nozze della sorella, e che gli viene restituito a causa dell’onta provocata in famiglia dal suo delitto. Il materiale dell’anima di Walter, i suoi appunti, e cioè la sua linfa, finisce con lo scorrere dentro il tavolino di legno, opera delle sue mani. L’albero si ricompone e difatti, nelle scene successive, una donna vi poserà sopra un vaso con una piantina di fiori. Un tavolino, la linfa dentro di sé, una chioma verde che spunta.
E’ interessante notare il fatto che il tavolino era un dono di Walter alla sorella, gli appunti nel cassetto sono un dono di Walter allo psicologo – lui non vorrebbe scrivere per non lasciare delle prove – e infine la piantina è un dono di questa donna a Walter. Nel pieno del dolore, della perversione, del dramma, Nicole Kassell ricostruisce un albero con pezzi d’amore. Ogni pezzo è un dono di qualcuno a qualcun altro. Come viene costruito un uomo.
Poi, Walter sente il morso, la compulsione della sua patologia. E si inoltra sulle tracce di una ragazzina, in un parco. La ragazzina osserva gli uccelli con il binocolo. E lui osserva lei. Tra i due inizia un dialogo nel quale una parte di Walter vuole proseguire e un’altra fuggire. La ragazzina è a sua volta abusata dal padre – con una stretta della sceneggiatura che fa sentire troppo il taglio del cacciavite sul movimento naturale del racconto – e di fronte a questo Walter si smonta, e anche la sua libido viene vinta dal nuovo asse relazionale: adesso sulla panchina ci sono due bambini, la biondina e il bambino che lui è stato.
The Woodsman, fin troppo marcatamente, fa della pedofilia un problema di natura malata, che va corretta ma che sarebbe inutile punire. L’uomo è come un albero e lavorando sulla sua linfa (i suoi appunti, la sua anima) se ne possono correggere i frutti. Condivisibile o meno che sia il punto di vista di Nicole Kassell, il linguaggio di questo film è di grande consapevolezza. Ma, nonostante questo, rimane un piccolo film. Un’ora e venti è una durata troppo ridotta per un personaggio che meritava molto respiro. L’occasione era davanti alla finestra, dove Walter scorge un uomo giovane che adesca i bambini. Lo osserva per molto tempo, senza mai intervenire. Poi una sera, lo pesta a sangue. Peccato. Prima di arrivare al pestaggio si poteva lavorare sulla relazione tra simili. Con gli scontri, i giudizi incrociati, le provenienze diverse delle due persone. Ecco dove si è spalancato il vuoto del secondo atto.
Mi rimane comunque una sensazione, rispetto ad alcuni film visti ultimamente. Che le donne, quando sono brave, gìrino con un rigore e una consapevolezza tutta particolare. Sembra che si domandino il valore di ogni inquadratura molto più naturalmente di alcuni registi uomini più affermati. Una mia teoria ce l’ho. Ma ci porterebbe lontani da questo film imperfetto e prezioso.