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Photo by Pixabay on Pexels.com Il Desiderio Inconscio del personaggio – Come conoscere se stessi?

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I fatti e le scelte della vita

Il Desiderio Inconscio del personaggio – Come conoscere se stessi? è la versione testuale del podcast sugli otto passi per attraversare una storia. Non un cammino esaustivo ma solo degli appunti di viaggio, che possono servire casomai ad aprire qualche riflessione o qualche approfondimento nell’analisi di una storia o della nostra vicenda personale.

Dato che si parla di personaggio e che il personaggio vive nella storia, è utile una breve premessa che ci chiarisca che cosa esattamente intendiamo per storia.

Una storia, per esistere, ha bisogno di eventi. E gli eventi sono le azioni dei personaggi. Se cade un asteroide su una città, per esempio, l’evento importante non è l’asteroide che cade, ma ciò che il protagonista farà per superare il problema.

Vale questa logica: gli eventi di una storia non sono ciò che accade, ma ciò che i personaggi se ne fanno. Avremo modo di parlarne ancora.

Porsi degli obiettivi

Proprio come accade a noi, i personaggi compiono azioni quando desiderano ottenere qualcosa e decidono di darsi da fare: magari può essere una relazione, o una condizione, o un oggetto.

Ma dato che oggi parliamo di desiderio inconscio, ci chiediamo come possa un personaggio compiere azioni – e quindi dar luogo a una storia – per raggiungere un desiderio che non sa di avere.

Che cosa succede quando il desiderio è appunto inconscio?

Come focalizzarsi su se stessi

È un bel problema, perché se un personaggio non sa cosa vuole, non sa nemmeno cosa fare. E se non fa nulla non produce eventi. E se non ci sono eventi, non c’è la storia.

Eppure questo passo di desiderio inconscio è ricorrente e addirittura costitutivo della struttura classica delle storie. Che vuol dire che un senso deve averlo per forza.

Come al solito, per capire i personaggi realistici possiamo guardare dentro di noi.

A tutti noi sarà capitato di avere desideri e di adoperarsi per soddisfarli. Ma sarà altrettanto capitato di non capire che cosa vogliamo. O anche di raggiungere il desiderio e scoprire che non era quello, o che non ci soddisfa come avremmo pensato.

Il che significa che il soddisfacimento del desiderio non sempre risolve tutto.

Forse non avevamo capito bene che cosa desideravamo, o forse quello che desideravamo non era quello di cui avevamo veramente bisogno.

Eh sì, perché questo primo passo nelle storie ci mette a contatto esattamente con quei momenti di scollamento fra il cuore e la mente. Fra ciò che ci sembra di volere e ciò che davvero ci servirebbe raggiungere.

Per ritrovare se stessi non è necessario andare lontano

Attraverso queste azioni confuse che compiamo in quei momenti, attraverso quell’apparente inconcludenza del nostro operare che tanto ci angoscia e ci fa sentire smarriti, in realtà stiamo facendo qualcosa di più sottile: stiamo connettendo la pancia e il cuore, alla mente.

Entriamo nel mondo del bisogno profondo del personaggio.

Questo sbandamento interiore, spesso associato a vissuti negativi come la rabbia, la paura, l’angoscia, la sfiducia in se stessi e nel mondo, è in realtà un momento bellissimo. Dove per bellissimo non intendiamo dire piacevole ma qualificante, strutturante, essenziale. Di grande crescita interna.

Sentiamo – forse a volte con ragione – una marea di giudizi sui ragazzi smarriti, che non sanno cosa vogliono, apparentemente apatici e “sdraiati”. Ed è tutto un fiorire di critiche alla società, alla comunicazione, alla rete e ai suoi pericoli.

In realtà potremmo anche cominciare a vedere questo tempo come un tempo da rispettare. Osservare qualcuno che sta trovando il proprio modo per superare le sabbie mobili dell’incertezza identitaria, del dubbio progettuale, della paura di non farcela, è assistere allo sforzo di un essere umano per venire al mondo.

Accettare se stessi

Quei momenti di niente – ripensati poi – spesso acquisiscono colore e spessore e ci capita di sentire gratitudine per quegli indecisi, smarriti, inermi essere viventi che siamo stati. Perché senza quel tempo non saremmo arrivati ad essere ciò che siamo oggi. E perché se oggi ci ricapitasse di smarrirci nell’incertezza di quello che vogliamo, possiamo fare memoria del fatto che quei momenti possono essere positivi e importanti. Possiamo dire a noi stessi: mi sento perso, forse è un gran momento.

Dunque questo momento nelle storie riguarda la venuta al mondo di un personaggio, il suo tentativo di fiorire, di diventare quello che è suo destino diventare.

Another Round – Psicologia e Film

Il primo è Another Round – Il film di Thomas Vinterberg, con Mads Mikkelsen nel ruolo protagonista di Martin

Quattro professori, uniti da una solida e complice amicizia, si ritrovano al 40esimo compleanno di uno di loro. È l’occasione per parlare delle loro vite e soprattutto dal cuore di Martin esce un fiume di dolore, di sofferenza non detta. Per nessuno di loro è un buon momento in realtà. L’insegnamento sembra aver perso il suo fascino e forse a quel punto del cammino, si è smarrito il senso di fare quello che si fa.

Viene lanciata una fantomatica teoria – pare totalmente inventata – secondo la quale all’uomo manca qualcosa per la felicità. Questo qualcosa sarebbe uno 0,5% costante di tasso alcoolico. Si tratta di assumerlo come una medicina, non come una droga. Come un prendersi cura di se stessi per guarire dal male di vivere.

Così l’esperimento comincia. E all’improvviso le vite migliorano. Non andiamo oltre per non svelare cosa avverrà in seguito, ci limitiamo a consigliare vivamente questo film che è davvero scritto diretto e recitato a un livello straordinario.

Come i 4 amici del film, anche noi possiamo sentire che ci manca qualcosa. Possiamo passare anni della nostra vita senza ascoltare questa denuncia di vuoto che abbiamo nel cuore e poi magari all’improvviso si apre il fiume del dolore che abbiamo dentro.

Il Desiderio Inconscio del personaggio – Come conoscere se stessi?

In questo caso il desiderio inconscio è dato dall’oblio del tempo. È diventato inconscio, ma era stata la promessa di una vita. Quello che Martin vorrebbe è l’amore di un tempo, la felicità, la speranza, la forza vitale di quando era più giovane.

Il film di Vinterberg ci rimanda al fatto che l’inconscio è creato da noi. Anche attraverso la routine, che ci impedisce di frequentare ogni momento quello che sentiamo, quello che vogliamo, perché ci rimescola nel ripetersi delle situazioni e delle cose. Finché un giorno ti ritrovi a pensare che la persona con cui hai bevuto meno caffè sei proprio tu. Che sono anni che non ti parli e alla fine le lingue che non si parlano si dimenticano. E con le lingue, anche i discorsi che in quelle lingue si facevano. Alla fine, riusciamo a dimenticarci, a rimuovere quello che desideravamo. È un modo per non sentire il dolore della perdita e della sconfitta. Quando non riesco a ottenere ciò che desidero, in altre parole, posso sempre dimenticarmi di averlo desiderato.

Quei desideri diventano inconsci e se nulla viene a stanarci, possiamo arrivare senza più contattarli fino alla fine.

Ma nel film di Vinterberg non va così. Una vodka di altissimo pregio rompe il muro oltre il quale erano state rinchiuse le emozioni. E ci sono nel film momenti straordinari in cui appare chiarissimo quanto tornare alla vita – sebbene soffrendola terribilmente – sia meglio che congelarla in uno stabile ghiaccio fermo.

La difficoltà di raggiungere i nostri desideri, ci dice Vinterberg, è una delle cause dei nostri smarrimenti.

Abbracciare se stessi

Forse, ma è una visione molto personale di questo film, possiamo sintetizzare Another Round rispetto al desiderio inconscio così. Quando non riesco a capire cosa c’è che non va, posso domandarmi: quale risposta non voglio sentire? E se non mi viene in mente niente mi chiedo: quale domanda non mi faccio più da moltissimo tempo? E cosa mi succede se la risposta è inaccettabile, pericolosa, indecente?

Di generazione in generazione i genitori insegnano ai figli a diventare responsabili, a rispettare le regole, le priorità, il contenimento di quello che sentiamo di volere. Giusto, ovviamente. Ma la responsabilità è anche verso noi stessi ed è una responsabilità d’amore.

Troppo spesso l’esercizio della responsabilità è lontano dalla dolcezza, dal calore, dalla relazione cui vorremmo poterci abbandonare. E questo desiderio di abbandono è troppo pericoloso per essere detto. Tenerlo inconscio può darci una sensazione di ordine, di controllabilità della vita, persino di maturità.

Prendiamo da Vincenzo Cardarelli i versi che servono per chiudere in sintesi il delicato discorso sul desiderio inconscio:

“Qualcosa ci è sempre rimasto, amaro vanto, di non ceduto ai nostri abbandoni, qualcosa ci è sempre mancato”.

Era: Il Desiderio Inconscio del personaggio – Come conoscere se stessi?

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