“In realtà, non ci sono solo io, da una parte, e, dall’altra, la gioia, il dolore vissuti da un amico. Si sta aprendo piuttosto lo spazio di una nuova esperienza, che attrae e coinvolge sia me sia l’amico. Il contenuto del mio vissuto emotivo infatti non mi appartiene, è la gioia, il dolore di un altro, eppure lo sento e lo vivo interiormente, non “come se” fosse il mio dolore, la mia gioia, al contrario, lo sento e lo vivo e quindi lo accolgo dentro di me “come” il dolore dell’amico.

Questo è il miracolo e il paradosso dell’empatia: faccio esperienza interiore di un’esperienza che non è la mia, vivo un sentimento che non è il mio. Che cosa significa questo? Che cos’è l’empatia se non si traduce nel provare lo stesso dolore, la stessa gioia? Ma anche: che cos’è l’empatia, se non consiste nel “sapere” che cosa sente l’altro? In realtà, empatia non vuol dire gioire, soffrire insieme all’altra, all’altro, e nemmeno avere un’esatta nozione delle ragioni e della cause del sentire altrui.

Empatia vuol dire allargare la propria esperienza, renderla capace di accogliere il dolore, la gioia altrui, mantenendo la distinzione tra me e l’altro, l’altra. Empatia è “rendersi conto”, cogliere la realtà del dolore, della gioia di altri, non soffrire o gioire in prima persona o immedesimarsi. Può accadere, spesso accade, che in un secondo tempo intervenga una partecipazione emotiva nella forma del gioire, del soffrire insieme. Ma ciò può avvenire solo se c’è stata empatia, se l’orizzonte della mia esperienza si è ampliato, e ha accolto il dolore, la gioia, di un’altra, di un altro.

L’empatia attesta dunque la possibilità della circolazione o comunicazione dell’esperienza, non perché due soggetti diventino uno, si confondano o trovino un’analogia e un’identità misteriosa, ma perché è possibile avere accesso alla realtà vissuta di un altro essere umano.

Mettere in rilievo la distinzione tra me e l’altra, l’altro, vuol dire una cosa molto importante: la scoperta della realtà di ciò che vive un’altra persona è il centro e il fondamento primario di ogni relazione. L’empatia ha tutta l’intensità del sentire, non è una forma di conoscenza intellettuale, benché possieda un valore “cognitivo” molto speciale, che consiste nel “rendersi conto” dell’esistenza dell’altro, ossia in una comprensione primaria che è sapere di non essere autosufficienti, bensì limitati e aperti a qualcosa d’altro.”

Un testo intenso e a tratti travolgente. Un viaggio dentro di noi e soprattutto fra di noi. Bello, bellissimo.

0 risposte

  1. il sentire l’altro come afferma prof.ssa Boella non una operazione cognitiva ma un atto empatico
    che può avvenire quando il dolore,la gioia, la compassione, non mi appartengono ma ni atterangono
    e coinvolgono sia me che l’amico.
    Quindi Io sent; io vivo interiormente non come me stesso ma come se fosse il mio dolore,
    la mia gioia, al contrario, lo sento e lo vivo e lo accolgo dentro di me come il dolore di un amico.

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