Torno dalle riprese di un convegno in Centro a Milano. Cavalletto, borsa con telecamera, e persino un prolungone di 20 metri. Tram pieno. Rimango in piedi, e vicino a me due fidanzati. Lei magra e con il nasino affilato, lui con una faccia larga e piatta da pesce palla, con occhi tondi e neri che ruotano intorno stile ho vent’anni, son felice e non so dove mi trovo.

    Discutono. Poi si danno qualche bacetto poi ridiscutono. Il problema è che “la Paola” ha fatto un figlio e suo marito le ha tenuto la mano durante il parto. Lui invece, pesce palla, asserisce di non volerne sapere.

“Dico solo che preferisco non conoscere i dettagli, scusa non posso non aver piacere ?”

“Sei matto! – fa lei inacidita e di colpo più vecchia – Io mi tiro un culo così per nove mesi e tu fai il favore di star dentro almeno per quei tre minuti!”

“Tre minuti ? La Paola ci ha messo più di dodici ore”.

“Appunto, ma lo vedi ? Appunto! E il marito è stato lì… eddai se ce l’ha fatta il marito della Paola… Guarda che se non ci stai, il bambino te lo metti dove dico io.”

    Sguardi fugaci tra gli astanti. Qualcuno conosce il marito della Paola? Nessuno, pare. E il destino atroce di quel bambino nel caso il futuro padre non ci stesse… nemmeno gli astanti vogliono conoscere i dettagli. Intanto la prolunga mi scivola sempre di più ad ogni frenatina. 

    E la mia mente va al convegno. Il convegno trattava lo spinoso tema dei graffiti sui muri e dei relativi graffitari. Un convegno organizzato a Palazzo Marino. Molto istruttivo. Si parlava di diversi assorbimenti dell’inchiostro da parte dei diversi tipi di muri. E delle sanzioni che si potrebbero dare. E della permanenza media di un graffito. E del fatto che almeno graffitassero in periferia. E del fatto che la famiglia dovrebbe e invece. E si diceva di trasgressioni e repressioni, di controlli, di arresti, di indagini.

    Mentre questi due evitavano di parlare del bambino e a Palazzo Marino evitavano di parlare dei giovani, torna fuori lei, ossessiva come sempre: La Durezza dell’Acqua. E’ quello che ho fatto anch’io. Evitare di parlare del problema per un sacco di tempo, finché non ho preso coraggio e ho guardato quello che andava veramente guardato. Almeno spero.  E ho capito un’altra strategia della paura: la nebbia.

    Quando abbiamo paura, come pesce palla preferiamo non conoscere i dettagli. La paura è nemica della chiarezza, della nostra attitudine a distinguere, discernere, scegliere e riconoscere. Prende un autore sottilmente e lo inganna anche per molto tempo con le sirene delle strutture, delle scelte narrative alternative… Balle. Le possibilità quando scrivi sono moltissime. La necessità una sola.

    Per cui, scendendo dal tram penso che un giorno quel bambino finalmente piangerà, e che suo padre si risveglierà dal proprio acquario in cui rotea i suoi tondi occhi neri, che i giovani riusciranno a portare veramente il fuoco su di sé e sui loro drammi, e gli occhi dei politici si sposteranno dai muri e con coraggio guarderanno a loro.

    E che… La Durezza dell’Acqua con tutti i suoi limiti riuscirà a toccare qualcosa dentro di noi, e senza pretendere di cambiare alcunché, ci farà sentire qualcosa che ci passa dentro, e che ci tiene vivi.

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