Chissà come si vede, di là. Dall’altra parte dell’enorme tavolo. Chissà come appaio io, appoggiato con il gomito destro al bracciolo della sedia e con il dito sotto il mento. E’ evidente, il tavolo è troppo grande per noi. O forse no. Forse è così proprio per tenerci a debita distanza. Un rassicurante tavolo circondato di comode sedie. Comode soprattutto se ci si appoggia all’indietro. La schiena, sì. Perché calcolo che se i partecipanti si appoggiano all’indietro attratti dalla comodità,  guadagnano circa altri due metri di lontananza.

E’ tattica, la lontananza. E’ elegante e rispettosa della privacy e permette di essere presenti e lontanissimi. Si può ruotare sul perno della sedia e avvicinarsi al compare. E dire qualcosa sottovoce. Sorridere, annuire, persino parlare al cellulare. Ci si possono mandare messaggi da un posto all’altro. Vibrazione silenziosa, modalità riunione. E’ un gioco. Praticato da uomini con un certo potere. Non siedo mai a questi tavoli e difatti anche stavolta, che invece ci sono, non ho molta voce in capitolo. Ascolto. E guardo.

Loro sono tre. Di fronte a me ho l’uomo senza potere. Sembra un orsacchiotto di peluche. E’ stempiato ma rispetto a me è un principiante. Annuisce, dice qualche sì e qualche no. Ma sono no confermativi. Muove grandi obiezioni sulle inezie per far sentire che c’è ma non dare fastidio a nessuno. Sembra che dica: Okay, sgozziamo pure i bambini nell’asilo ma mi raccomando le tende verdi. Scivola fra le parole senza cozzare mai, senza obiettare mai. Annuisce spesso, prende appunti e non guarda in faccia nessuno.

E poi è prontissimo. Un rapace da conversazione. Quando il Boss smentisce qualcuno immediatamente s’accoda e conferma la smentita. Stavo per dirlo io. Ma accidenti non ci arriva mai per primo. Una volta ho sentito dire che non bisogna fidarsi di quelli che al bar dicono pago io. Chi vuole pagare lo fa direttamente, senza dirlo. Se no è solo una mossa per sembrare quel che non si è. E’ l’uomo che avrebbe sempre voluto, avrebbe sempre pensato, l’uomo che stava per dire, stava per intervenire… Penso con la mia solita iperbole: stava per vivere. Ma gli altri l’hanno fatto al posto suo. Però…  i suoi occhi sono dolcissimi e persino sinceri. Azzurri e da cane bastonato ma a loro modo persino caldi.

Dall’altra parte c’è l’uomo arrivatino. Non del tutto arrivato ma insomma comunque arrivato. Interagisce direttamente con il Boss e può persino dibattere con lui qualche idea. Lui è l’uomo che continua a rispondere non lo so. Anche se direttamente non lo dice mai. E’ tutta una pioggia di adesso bisogna vedere, vediamo come si mettono le cose. Lui è un gatto. Attraverso questo suo essere gatto ha scalato qualche tetto, sì. C’è riuscito. Ma non del tutto. Raccoglie gli interessi di un piccolo cabotaggio coltivato per anni, probabilmente. Anche lui, nessun conflitto mai. Scivolare dolcemente e sorridere. Amici di tutti. Qualche sospetto che la tanta gentilezza  a oltranza non sia credibile deve averlo anche lui, però. Difatti eccolo raccontare le sue imprese: Io con quelli là sono stato molto chiaro e molto duro… io a quel punto glie le ho dette tutte che loro alla fine mi guardavano così… Insomma: cose epiche che ci siamo persi. Battaglie che ha condotto fieramente soprattutto per noi. Ma anche in lui secondo me il fondo è sincero. E’ triste, ha lo sguardo di chi ha perso un treno.

Poi c’è lui. Il boss. Accartocciato sulla sedia semidondolante. Senza il suo studio intorno, senza il suo potere che si esprime in ogni oggetto, è un bambino scomposto in cerca di coccole. Tra lui e gli astanti ci sono circa 350.000 euro annui di differenza. Il boss ha messo dei paletti, nessuno sa perché. Sappiamo solo che bisogna rispettarli ma nessuno sa nemmeno come. E lui – geniale – non entra nel merito perché non si permette di spiegare agli altri il loro lavoro. Da  alcune posizioni si possono fare progetti che non stanno né in cielo né in terra e farli risolvere agli altri. Se ti va bene sei un genio, altrimenti è colpa loro. Che meraviglia.

Gli occhi del boss sono i più tristi. Lo sono davvero, basta guardarlo bene mentre aspetta con pazienza che gli altri abbiano finito di parlare. Ascolta il minimo indispensabile perché fondamentalmente non gli interessa. E si assenta. Chissà dove va mentre gli altri gli chiedono ragioni e soluzioni. Di fatto è lontanissimo ma qualunque posto sia non dev’essere un bel posto. Lo guardo e mi chiedo che cosa potrebbe riaccenderli, quegli occhi. Quando è stato entusiasta per qualcosa. Un gol? Una donna? Un panorama?

Così, mentre il tempo scorre, la questione si rimpalla tra il potente che mette i punti fermi – che se non sono fermi quelli gli salta tutto il gioco – e il potentino che non sa mai cosa rispondere perché purtroppo non ha i dati sufficienti e siccome è uno molto responsabile vuole evitare di dire inesattezze. In penombra, l’orsacchiotto dagli occhi bastonati e sinceri.

Mi perdo a chiedermi quand’è che diventiamo come siamo. Come succede. Un giorno con l’altro? La faccia che abbiamo si è disegnata quando? E’ stato un fatto preciso? Una scelta? Ma abbiamo mai capito di averla compiuta questa scelta? Dentro di me li vedo in costume da bagno, questi tre. Bambini, sulla spiaggia. Una spiaggia francese del mare del nord, quelle bianche con le onde che si spalmano radenti per parecchi metri sulla sabbia. Un pallone rosso e loro che se lo passano. Senza niente da chiedere, senza retropensieri. Senza niente. Prima che il tempo cominciasse a modellare le nostre facce e il dolore a istruire le nostre strategie. Nessun gol da fare. Solo passaggi.

All’improvviso mi si chiede cosa penso della parte che mi compete e rapidamente rispondo. Annuiscono. Non va mai male annuire. Così, la riunione finisce come mi pare finiscano molte cose, in Italia.

Va bene, allora ci aggiorniamo.

0 risposte

  1. Eh si caro mio. Pensa che io, ogni giorno, le vedo sempre tutte e tre le facce che hai descritto allo specchio. Si ok, un giorno una può essere più o meno visibile di un’altra, ma sostanzialmente ci sono tutte. Manca sempre l’unica che dovrebbe esserci..Comparirà? Ma ci sarà poi veramente? Forse non mi rendo conto che sto aspettando semplicemente i Tartari, e spreco tempo. Poi forse, come dici tu, da un giorno all’altro semplicemente cambierà. Nel frattempo…ci aggiorniamo.
    PS: comunque, a me, il gol dà ancora un enorme entusiasmo!!
    gigi

  2. esiste un covini tascabile?

    ci aggiorniamo!

    p.s. la signora forse voleva essere eroe per un giorno…un po’ come il tizio che al bar dice “pago io”…valere un po’ di più agli occhi degli altri, di quanto non valgano per se stessi.

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