Quando raccontiamo una storia a un bambino ci sono due capacità dello Spirito che vengono attivate. La prima si attiva all’inizio della storia, nelle sue premesse narrative. Le premesse hanno a che vedere con il promettere. Se è una storia d’amore quei due prima o poi si baceranno, se è fantascienza prima o poi gli ufo scenderanno sull’ignara cittadina, o il mostro salterà fuori ben presto, o la pistola sparerà. Il se iniziale della storia è l’impegno del narratore a forzare gli eventi in una determinata direzione.

Il bambino rimane comunque a sentire perché una promessa di felicità e di emozione non è ancora felicità ed emozione. Si tratta di un percorso in cui il bambino gode tre volte: nell’attesa dell’evento, nell’evento e nel ricordo dell’evento.

Solo che per esistere, per verificarsi, la storia ha bisogno di essere ascoltata. Se mi ascolterai, vedrai cose…

Se mi ascolterete. Se mi voterete. L’impegno a forzare gli eventi futuri in una direzione che scegliamo ci è manifestato in modo spiccato e particolare durante le campagne elettorali. A questo se dovrebbe seguire tutto quello che vedremo, ovvero la storia di noi nel futuro indirizzato in un determinato modo.

Come dire, si tratta di inserire la parola futuro all’interno della parola progetto. E’ quel che in politica dovrebbe essere il programma. Per verificarsi necessita dell’ascolto/voto del pubblico/elettorato.

Ma un bambino non ha solo voglia di storie. Ha anche bisogno di coccole, di protezione dalla vita reale, di accudimento. La carezza della mamma quando piangiamo ci dice che comprende il nostro dolore e quindi ci sottrae alla nostra più grande paura, quella di rimanere soli. Un leader che mostra di capire bene quali siano i nostri dolori svolge la parte di quella mamma: so che sei molto arrabbiato perché ci sono troppe auto blu, so che sei triste perché hai pagato l’IMU, so che sei impaurito perché tutti questi extracomunitari ti stanno cambiando il mondo sotto i piedi.

Può essere sempre una buona mamma, solo che è cambiata l’età del bambino. A un bambino piccolissimo servono le coccole, a uno più grande serve capire che nella vita esistono anche le cose spiacevoli e ingiuste e gli servono le armi per affrontarle, sopravvivere e provare a cambiarle. Si tratta solo di capire quanti anni ha il bambino.

Un bambino molto piccolo non capisce nemmeno una promessa a lungo termine. Il suo orizzonte è il presente e anche di passato ce n’è pochissimo. Un ragazzino invece progetta, sceglie un indirizzo di studi e la sveglia del mattino fa parte di una idea di sé nel futuro, trova senso in qualcosa che non raccoglie nell’immediato.

Allora diciamo che ieri gli italiani hanno detto quanti anni hanno. La protesta – o meglio il voto di protesta – di per sé  è alzare la voce nella speranza che qualcuno faccia qualcosa. Protesta il bambino quando la mamma gli dà la minestra che non gli piace. Il progetto che si sceglie, invece, è l’assunzione di un proprio ruolo responsabile all’interno di un percorso e di una vita. se qualcosa non va ci si prende in prima persona la responsabilità di fare qualcosa.

L’Italia si è espressa. Abbiamo scelto di conferire potere a un grande narratore, uno che dice i se che ti fanno sognare. Di questi se abbiamo già sperimentato la fallacia. Ma sentirsi promettere cose immediate ha un potere terribilmente seducente su di noi. E dall’altra parte abbiamo conferito potere a uno che ci coccola, che urlando proteste a raffica dal palco ci promette che urlerà al posto nostro. Non si sa bene cosa voglia fare, il programma di per sé non è  poi  così chiaro. Ma ci ha promesso che urlerà per noi. Protesterà, finalmente. Non si sa bene presso chi, non si sa bene ottenendo cosa, ma protesterà protesterà protesterà.

Alla fine delle storie, un’ altra qualità dello Spirito si attiva. Quella del perdonare. Che è la nostra capacità – dopo esserci impegnati a forzare gli eventi che devono ancora capitare – di cambiare significato agli eventi che sono già capitati. Di leggerli in modo nuovo, in modo positivo. E di rendere di nuovo possibile la vita, quali che siano i fatti accaduti. Oggi siamo qui, alla fine della storia di queste elezioni. E dobbiamo fare un salto mortale carpiato. Assegnare significati positivi, fare in modo che la vita prosegua. E che questo bambino impaurito e rimpicciolito che è l’Italia, trovi la voglia di scommettere, di crescere, di uscire dall’ipnosi delle sue paure. E di vivere.

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  1. Il grande “narratore” di cui parli, quando si occupava della programmazione delle sue reti televisive, dava ai suoi questa indicazione: “Il telespettatore medio è un bambino di undici anni, nemmeno troppo sveglio.”
    Vale anche per l’elettore…

  2. Il grande “narratore” di cui parli, quando si occupava della programmazione delle sue reti televisive, dava ai suoi questa indicazione: “Il telespettatore medio è un bambino di undici anni, nemmeno troppo sveglio.”
    Vale anche per l’elettore…

  3. Qualche minuto fa la sua voce, drasticamente più pacata di quanto ci ha abituati a sentire, con un retrogusto stranamente responsabile, ha affermato: “ma chi l’ha detto che andremo in parlamento solo per protestare. Se ci saranno proposte in linea con il nostro programma (quale programma?) le voteremo, altrimenti no”. Ed ecco il primo vero se che fa crescere. Chissà, forse le cinque stelline impazzite cominceranno a mettersi in fila per costruire un disegno in un cielo nero. O forse no. Parlare di politica oggi mi è troppo difficile. Sono troppo delusa. Però, una cosa te la devo proprio dire. Una cosa che non c’entra niente con quello che hai detto ma che è dentro in quello che hai detto, riconoscibile in un piccolo lapsus che mi è apparso forte come una fucilata evocativa mentre leggevo. Devi sbarazzarti di quel senso di colpa, Giogiò.

  4. Qualche minuto fa la sua voce, drasticamente più pacata di quanto ci ha abituati a sentire, con un retrogusto stranamente responsabile, ha affermato: “ma chi l’ha detto che andremo in parlamento solo per protestare. Se ci saranno proposte in linea con il nostro programma (quale programma?) le voteremo, altrimenti no”. Ed ecco il primo vero se che fa crescere. Chissà, forse le cinque stelline impazzite cominceranno a mettersi in fila per costruire un disegno in un cielo nero. O forse no. Parlare di politica oggi mi è troppo difficile. Sono troppo delusa. Però, una cosa te la devo proprio dire. Una cosa che non c’entra niente con quello che hai detto ma che è dentro in quello che hai detto, riconoscibile in un piccolo lapsus che mi è apparso forte come una fucilata evocativa mentre leggevo. Devi sbarazzarti di quel senso di colpa, Giogiò.

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