Qualche giorno immerso nella bellezza. Michelangelo, Piero della Francesca, Giotto, Brunelleschi. Dove ti giri, Firenze ti assale con la grazia di ogni spazio. Anche con una luce terribile come quella di questi giorni c’è una tale prepotenza nel rigore delle forme, nell’emozione di chi le ha sapute immaginare, che anche un ignorante in Storia dell’Arte come me non può non rimanere folgorato. Ogni volta che ci ricapito mi emoziono davanti alla cupola di Santa Maria del Fiore. Di fronte alla sfida di quest’uomo che l’ha voluta come nessuno era mai stato in grado di concepirla: senza rinforzi. Puro volo. Naturalmente non è proprio così. Frugando un po’ qua e là per capire, leggo che la stabilità generale ad ogni corso, apparecchiato senza l’ausilio di centine, è assicurata dall’anello di mattoni affiancati che si chiude su se stesso. Parole affascinanti e misteriose per me. Mi tengo l’illusione del puro volo ma so che nel cinema lo si costruisce con la fatica dei macchinisti, con l’ottimizzazione dei costi, con le notti in bianco, le crisi e la stanchezza feroce. E con un’intuizione di vera poesia da difendere.

Camminiamo anche un po’ a zonzo. E ad un certo punto ci troviamo ad un angolo di strada: via dei Georgofili. La nostra memoria corre indietro ma né Giada né io ricordiamo bene, sono sincero. Una strage, sì. Ma che strage? Quale esattamente? Mi avvicino alla lapide e leggo la poesia di questa ragazzina di nove anni, Nadia Nencioni. E la sento diretta al mio cuore, semplice e spietata. La fotografo in silenzio. A casa cerco su internet e ricapitolo la storia. Un attentato mafioso, poi mi torna in mente. Il ’93, l’anno di via Palestro a Milano. Una tappa di una strategia molto più grande. Leggo del dolore dei familiari e degli amici, dell’associazione nata da quelle macerie: il dolore di sapere che i fiorentini hanno dimenticato. Mi sento fiorentino, avevo dimenticato anche io e quella poesia non l’avevo proprio mai letta. Eppure se ne andò un pezzo importante di città con quella bomba.

Questo è il racconto su Wikipedia:

La strage di via dei Georgofili è un attentato di stampo mafioso attribuito all’organizzazione Cosa Nostra. Nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993, a Firenze, viene fatta esplodere una Fiat Fiorino imbottita di esplosivo nei pressi della storica Torre dei Pulci, tra gli Uffizi e l’Arno, sede dell’Accademia dei Georgofili. Nell’immane esplosione perdono la vita 5 persone: Caterina Nencioni (50 giorni di vita), Nadia Nencioni (9 anni), Dario Capolicchio (22 anni), Angela Fiume (36 anni), Fabrizio Nencioni (39 anni); 48 persone rimangono ferite. Oltre alla Torre vengono distrutte moltissime abitazioni e perfino la Galleria degli Uffizi subisce gravi danneggiamenti.

La strage viene inquadrata nell’ambito della feroce risposta del clan mafioso dei Corleonesi di Totò Riina all’applicazione dell’articolo 41 bis che prevede il carcere duro e l’isolamento per i mafiosi. Due mesi dopo, il 27 luglio, altri attentati mafiosi vengono compiuti a Roma (alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro) e a Milano, in via Palestro, dove un’autobomba provoca cinque morti: tre vigili del fuoco e un agente della Polizia Municipale intervenuti sul posto, e un cittadino straniero che dormiva su una panchina. Successivamente il pentito Gaspare Spatuzza ha espresso “malessere” nei confronti di questo attentato e chiesto “perdono” alla città. La relativa segnalazione – come mandanti di alcune stragi – di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi si sovrappone con gli addebiti per i quali i due furono destinatari di una sentenza di archiviazione ad opera del giudice delle indagini preliminari di Firenze nel 1998.

Leggo che Leon Battista Alberti, nel De Statua, insegna il metodo per passare da una piccola statua ad una gigantesca e inventa uno strumento che è lo stesso che serve per passare dal modello della cupola che Brunelleschi aveva in bottega, al cantiere. Le parole di Nadia sono state scritte un mese prima della sua morte e leggendole fa impressione. Sappiamo molte più cose di quelle che sappiamo. E il bello è che le abbiamo già accettate profondamente, intanto che la superficie delle nostre obiezioni si increspa e resiste.

Sono solo 6 versi, cara Nadia. Ma sono 6 versi meravigliosi e saranno il nostro modello. Passeremo alle cose grandi attraverso le tue indicazioni, come insegna l’Alberti. Ricorderemo: a maggio dell’anno prossimo saranno 20 anni e noi saremo pronti. Puro volo. Come Brunelleschi. Come te.

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