E’ finita qualche giorno fa, sul tavolo dell’assistenza tecnica. Il monitor di controllo l’ha decretato senza scampo: Access Failed. Ora scivola nel bagagliaio della mia macchina. Scivola ad ogni curva e la sento spostarsi. Rimarrà lì finché non passerò davanti alla discarica e ne approfitterò per salutarla. Intanto la tengo con me. Ogni volta che si muove penso a un film che abbiamo fatto insieme, lei e io. La macchina di montaggio di questi 10 anni. DPS Velocity. Tutto in tempo reale, nessun rendering da aspettare o quasi. Chiara, efficace. Anche con i suoi limiti che avevo imparato a conoscere. E mi viene in mente quando già una volta mi ero ritrovato in questa situazione. Era una sera di primavera. Avevo chiamato l’Amsa. Sarebbero passati all’alba sotto il mio studio a ritirare quello scatolotto lentissimo e pesante che si chiamava DRACO.
Lo avevo depositato davanti al cancello dello studio e allontanandomi mi voltai più volte a guardarlo. Irreale. DRACO abbandonato così, sul marciapiede. Ero molto più giovane e gli alberi di viale D’Annunzio erano tutti un rigoglio di primavera. Stava per arrivare lei. La Velocity. Insieme avremmo fatto un film per la prevenzione degli incidenti sulle strade, Un momento da Dio, cui sono ancora molto affezionato. Poi L’orizzonte degli eventi, Una cosa normale e… Un inguaribile amore. Date le sue conseguenze è stato questo il nostro momento più alto. Ma durante il montaggio di quel film non avevo uno studio. E la Velocity era qui con me, in casa nostra. Si teneva per sé tutto un locale. Qualche amico comune di Cesare e Stefania passava ogni tanto a vedere a che punto fosse il montaggio. Venivano gli occhi lucidi a tutti. Quando un film nasce giusto non c’è niente che riesca a rovinarlo.
Poi sono arrivate esperienze più lunghe, più consistenti. A tutto quello che si muove, mediometraggio girato a Fabriano per la Commissione per le pari opportunità. Dieci ragazze di quella terra fantastica che si sono fidate e hanno scritto, recitato e vissuto sei mesi con me. Lì la Velocity fu essenziale. Era girato tutto con piani sequenza molto lunghi, con un’idea di fluidità e di movimento, appunto. Montare bene era ancor più fondamentale che quando gli stacchi sono tanti e veloci. Perché il danno di uno stacco sbagliato si ripercuote su tutta la tensione del piano sequenza. Subito dopo è stata la volta dell’esperienza più vicina a casa che io abbia mai fatto: il quartiere Stadera. Nella città che cambia. Case popolari e drammi antichi come il mondo. Un film girato quasi completamente a macchina fissa per dare un respiro e un rispetto a storie che si prestavano troppo ad essere sfruttate per il loro dramma.
Fu incredibile quel momento. Perché nel giro di sei mesi ci furono due mediometraggi pieni di gente. A Fabriano ho conosciuto Marilena e mi è sembrato di vederne il talento, sebbene fosse giovanissima. Oggi è la mia segretaria di edizione e se lo vorrà diventerà un ottimo aiuto regia nel giro di pochi anni. Nella città che cambia mi servì a conoscere il lavoro meraviglioso di mia cugina Paola. Un architetto di relazioni che tentava di far convivere gente che si sarebbe strangolata in un quartiere con la rabbia sempre sull’argine. Un lavoro di un’intelligenza e di un’umanità che non avrei mai immaginato.
Tutto questo la Velocity l’ha visto e l’ha organizzato in sequenze di senso. Sotto i monitor tenevo un post it in questi anni, ci avevo scritto: Simplicity. Velocity è anche una tentazione. Simplicity è un obbiettivo difficile, che raggiungo in misura proporzionale alla mia ricerca della verità di quello che sto raccontando. La semplicità non nasconde, non rimanda, non vela. Non indugia sul nostro ego ma va dritta alle cose.
Insieme abbiamo anche pedalato. Montato matrimoni e cortometraggi con le scuole medie, piccoli servizi e video di spettacoli, backstage. Il lavoro che aiuta a tirare la riga. Domani arriverà la nuova era. Final Cut. Dico subito che il nome non mi piace. Non indica un modo di procedere – Velocity e Simplicity – ma un risultato definitivo. Che beffa per me che scrivo contro le certezze, eh ? Final Cut. Va beh. Dicono che funzioni divinamente. Staremo a vedere questi dei. Come sarà con lui, con Final Cut? Ci sono storie che racconteremo insieme nel nostro destino? Sarà intenso come con la Velocity? Vedremo. Nel frattempo, giro al largo dalla ricicleria. Ci parliamo ancora, lei e io…
uhh come ti capisco. Pensa che, ancora oggi, io suono e scrivo sulla D50 che – io & te – comprammo a Bra – cos’erano – 25 anni fa?? Dal “Sorriso e l’amore”, tutto il teatro ed il cinema che abbiamo fatto insieme (e no) è passato di lì….cosa dovrei fare se e quando verrà il momento di rottamarla?
Mi viene solo da ridere………
ciaooooo
gigi
Ben arrivata Final Cut e buon lavoro!
Lo sapevo che non era solo una battuta l’idea della copertina sulla Velocity vicino al letto!
Comunque… Grazie di tutto.